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mercoledì 16 settembre 2020

Meritocrazia e anti-intellettualismo (dai peones di Trump all'élite dei Governi Conte)

 Michael Sandel ha scritto da poco il libro  THE TYRANNY OF MERIT. What’s Become of the Common Good?

e una bella recensione sul NYT ne ricostruisce il quadro, per cui la fasulla nozione di merito instilla negli educati (che se lo possono permettere, in USA) un falso senso di superiorità che induce al disprezzo di chi non ce l'ha fatta non per incapacità intellettuali, ma piuttosto per mancanza di risorse economiche. Sandel conclude chiedendo ai colti di essere più umili, di non considerare la loro condizione come il frutto del loro sforzo solitario ma piuttosto di una serie anche fortuita di circostanze, e quindi di non disprezzare chi "non ce l'ha fatta".
Tutto giusto, no? eppure Arlie Russell Hochschild,  l'autrice della recensione, fa notare che questa necessaria critica del disprezzo per l'ignoranza come postura tipica della classe educata trascura un atteggiamento forse ancor più diffuso in America, vale a dire quello dell'anti-intellettuale, che anche in Italia sta prendendo piede di gran carriera.
Se DOnald Trump ha così tanto seguito non è solo perché protegge gli ignoranti dal disprezzo dei colti, ma perché legittima gli ignoranti, in un modo molto americano, a sentirsi fieri della loro ignoranza, della loro naturalità, della loro genuinità. Trump sguazza in questo disprezzo per lo studio, per la conoscenza e per la scienza, e buona parte del suo successo deriva da una radicata indisposizione ad accettare il sapere astratto come forma di vita auspicabile, in confronto a cose molto più concrete, come fare i soldi, saper raccogliere pannocchie e pulire il carburatore del fuoristrada.
Se di fronte ai roghi della California Trump può prendersi la libertà di dire "Non credo che la scienza sappia di che si tratta" lo può fare impunemente (anzi, accumulando ulteriore consenso) non solo perché così l'ignoranza di tanti americani si trova affettivamente confortata, ma soprattutto perché quella ignoranza può rispecchiarsi legittimata in un potere che l'ha fatta sua come strategia del successo. Si può essere addirittura il presidente degli Stati Uniti ed essere orgogliosi della propria ignoranza, vantarsene, esibirla come fonte di successo.
Questo è il punto in cui si deve citare Anti-Intellectualism in American Life (1963) dello storico Richard Hofstadter, che ha studiato molto la dimensione morale e simbolica dell'attività politica e che andrebbe riletto oggi per capire come è possibile che il disprezzo per il sapere sia diventato un valore condiviso e un'arma di successo in politica. Ogni riferimento alla politica italiana è ovviamente intenzionale, ma per capire come l'anti-intellettualismo si sia spostato sempre più a destra a partire dall'America basta vedere questa ricerca. A me fa venire la pelle d'oca.