All’inizio l’antropologia era un po’ come il collezionismo d’insetti: barattoli di culture diverse, etichette ordinate, il mondo diviso in teche. I “primitivi” servivano solo a ricordarci quanto noi fossimo “avanzati”. L’altro come fossile, noi come futuro.
Poi qualcuno, invece di guardare dal vetro, ha deciso di entrarci dentro
al barattolo. È finita l’epoca del safari intellettuale, è
cominciata quella del campo. Malinowski non è andato tra i Trobriandesi
per salvarli, ma per capirli. E nel farlo, ha capito anche un po’ di sé.
Da allora l’antropologia è diventata una
scienza che si sporca le scarpe, che ascolta, che sbaglia.
Una scienza dell’incontro. Non si fa più nei salotti ma nelle capanne,
non nelle biblioteche ma nelle vite. E ogni volta che un
antropologo dice “loro”, sa che in fondo sta parlando anche di “noi”.
Il rischio è la paralisi del millepiedi:
quando ci chiedono come facciamo a camminare, smettiamo di muoverci. È il
pericolo della riflessività: la consapevolezza che ti inchioda.
Ma, come insegna la formica della parabola, un po’ di crisi
serve. Ti obbliga a riconoscere che i tuoi schemi non sono universali,
che la cultura è un esercizio di traduzione, non un diritto
d’autore.
Oggi, più che mai, l’antropologia è una
scienza dell’intimità. Non quella dei sentimenti, ma delle relazioni:
un sapere che nasce dal convivere, dal condividere, dal capire
senza possedere. Herzfeld lo chiama intimità culturale:
quella zona imbarazzante, buffa, contraddittoria, dove una
società si riconosce proprio in ciò che non vorrebbe mostrare.
Capire gli altri significa allora
smettere di idealizzarli. O di condannarli. È come guardare
dentro una casa di vetro sapendo che anche la tua ha le tende
sporche. L’antropologo non osserva, si espone. Non fotografa,
ma viene fotografato. Non giudica, ma si lascia cambiare.
E forse, in fondo, è questo che dovremmo
imparare tutti: che la conoscenza non è mai neutrale, che ogni incontro
è uno specchio, e che la cultura – come diceva Geertz –
non è un insieme di regole, ma un sistema di significati
che ci aiuta a restare umani.