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lunedì 24 settembre 2007

Colpa dei politici o colpa dei giornalisti?


Mi chiedo se non abbiamo sbagliato obiettivo, guardando a Beppe Grillo come a un fustigatore dei politici. In fin dei conti, Grillo queste cose le dice da vent’anni. E se invece dei politici il vero obiettivo polemico fossero i giornalisti? O almeno un certo modo quieto di fare giornalismo, sempre pronto a schierarsi su qualche carro, sempre pronto a un risottino e a pacche sulle spalle?
La reazione dei professionisti all’effetto Grillo mi è sembrata un sintomo chiaro di disagio: ma che vuole, questo? Invece di accendere i cervelli per provare a spiegarci un fenomeno che ovviamente ha un suo interesse per la dimensione sociale (e non per le esternazioni di un singolo individuo genovese) ho visto molto sospetto coperto da “dovere di cronaca”, molte sopracciglia sollevate, molto “antipolitica” (e questa me la devono spiegare, che la politica sia solo quella pulitina dei salotti televisivi).
Facendo leva sul fatto che Grillo è un cazzaro che non fa finta di essere raffinato (insomma, mi tocca dirlo, esasperando la questione della “forma”) i mass media hanno fatto finta di parlare anche della sostanza, senza dire invece nulla a riguardo.
Oggi Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella hanno steso un articolo che partiva dalla prima pagina del Corriere e arrivava a una doppia interna, per fare un’esternazione del tutto grillesca quanto a contenuti, e parecchio anche a forma (provare per credere: “E’ antipolitico chiedere come mai non vengono neppure ipotizzati l’abolizione delle province o l’accorpamento dei piccoli comuni? Che tutte le amministrazioni pubbliche siano obbligate a fare bilanci trasparenti dove “acquisto carta da fax” si chiami “acquisto carta da fax” e “noleggio aerei privati” si chiami “noleggio aerei privati” così da spazzare via tanti bilanci fatti così proprio per essere illeggibili?” E così via). Tutto per dimostrare che i politici col cavolo si sono abbassati le spese, col cavolo che hanno capito l’antifona.
Rizzo e Stella sono da mesi in testa alla classifiche di vendita dei libri con il loro La casta, ma nessuno ha detto che sono qualunquisti o che stanno spaccando il Paese o altre baggianate sull’antipolitica. Perché invece Grillo sì? Forse, azzardo, perché questo signore buffo sta andando in giro a dimostrare che ci si possono scavare i propri canali di informazione e verificare quanti siano i parlamentari condannati o come sia composto il CdA di Telecom, anche se i media mainstream non ce lo dicono.
Per chi non ha la voglia/capacità o anche solo il tempo di seguire canali alternativi di informazione, che cosa resta? I telegiornali e il giornalismo in televisione sono un ammasso di luogocomunismo modestissimo. A parte la Gabanelli e un paio d’altri (e infatti sono convinto ci sia una sovrapposizione tra chi ama Report o certi programmi di Radio24 da un lato e il grillismo militante dall’altro), non riesco a ricordare qualcosa che somigli al giornalismo d’inchiesta, e anche i “ceti moderati” mi sa che si sono rotti le balle di vedere Maroni a Matrix e Bertinotti a Porta a porta. Per i quotidiani, stendiamo in velo pietoso: quelli locali sono, appunto “locali” anche come orizzonte culturale, e quelli nazionali sono troppo collusi con i presunti oggetti delle loro indagini, oppure troppo obnubilati dal conteggio delle vendite dell’ultimo maledetto gadget/inserto per preoccuparsi di andare anche a cercarsi le notizie, poverini. Senza contare che oggi i giornalisti della carta stampata passano quasi tutto il loro tempo a leggere i giornali degli altri, per verificare di non aver bucato la notizia e per soppesare le strategie dei rivali, con buona pace del taccuino e dello scavo delle notizie.
Insomma, la funzione di “cane da guardia” dei media veramente di massa, rispettata come sacro mandato nel mondo anglosassone, in Italia non esiste proprio. Tanto è vero che un Rizzo e uno Stella che fanno un “normale” libro di denuncia diventano un caso. Tanto è vero che il “romanzo” più importante di questi anni è di fatto un’inchiesta giornalistica (Gomorra di Saviano, ovviamente).

Non è che il successo di Grillo sta proprio in questo, nel fatto che racconta cose di cui i grandi mezzi di comunicazione non parlano proprio e di cui invece ormai il pubblico/società civile ha fame e bisogno? Non è possibile che Grillo sia un fenomeno italiano non solo perché abbiamo la peggior classe politica d’Europa (ma state attenti alla Grecia, secondo me ci batte. Di poco, ma ci batte) ma soprattutto perché abbiamo il settore informazione più ributtante del mondo occidentale, sempre in bilico tra blandire il padrone e blandire il pubblico beota, ma quasi mai in grado di fare il suo mestiere, cioè produrre informazione che faccia crescere chi se ne nutre?