Ho appena ascoltato il discorso di Obama vincitore. Ora che è andata, posso dire di essere molto felice che abbia vinto lui. E' la vittoria dell'America sugli Stati Uniti, del sogno sul cinismo, della speranza sulla necessità.
Obama è un grandissimo retore, ha parlato per 17 minuti senza buttare un occhio agli appunti, come stesse improvvisando. E poi ha una qualità che non riesco a trovare in nessun politico italiano. Anzi, che nessun politico italiano prova mai a perseguire (a parte Veltroni e Bertinotti, con alterni risultati direi), vale a dire la capacità di commuovere i suoi interlocutori. Ascoltando il discorso di Obama mi sono dovuto asciugare un paio di volte gli occhi. Da noi regna il cinismo, la voglia di sparlare dell'avversario più che di far sognare chi ascolta. Avete sentito le parole che Obama ha detto di McCain? E quelle dello sconfitto nei confronti del nuovo Presidente? Nessuno in Italia potrebbe mai proporre un simile rispetto per l'avversario. Ma forse è proprio questa la differenza tra noi e loro: sanno ancora sognare, sanno ancora crederci.
Per questo non ho mai capito gli antiamericani di professione, si perdono il pezzo migliore del genere umano (l'America) per paura di quello peggiore (gli Usa), e non riescono ad accettare che i due convivano nello stesso identico posto.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.