[il riferimento per questa lezione, presente anche sulle dispense, è il testo di U. Fabietti, “Sistemi di Pensiero” (Sistemi “chiusi” e sistemi “aperti”; Pensiero metaforico e pensiero magico; Il pensiero mitico), in Elementi di antropologia culturale, Milano, Mondadori, 2015.]
Entriamo nel vivo della disposizione simbolica alla religione.
Sistemi di pensiero
La religione, possiamo dire, è allo stesso tempo un insieme di norme e di credenze, un sistema di azione strutturata e di pensiero organizzato. Se si ha una certa convinzione “religiosa”, le proprie azioni saranno adeguate e conseguenti; se si mettono in atto certi comportamenti questo istituisce un certo modo di pensarli. C’è insomma una circolarità tra azione e pensiero, e la religione potrebbe essere letta, prima di tutto (prima dell’istituzionalizzazione, prima del culto organizzato, prima del rito tramandato, prima del mito narrato, prima dell’uso funzionale (politico o economico)) come l’istituzione di quella circolarità.
Possiamo considerare quel che chiamiamo “pensiero religioso” come un “sistema di pensiero”, almeno nella sua strutturazione più completa, e comunque, seguendo Robin Horton, come tentativi di staccarsi dal “senso comune”.
Come funziona questo pensiero religioso, e più in generale, come si strutturano i “sistemi di pensiero”?
Le culture hanno un rapporto curioso con la realtà e ammettono che ci sia una realtà esterna concepita attraverso dei filtri cognitivi (modelli) che consentono di rendere il reale comprensibile (sistemi di pensiero). Le culture cercano di spiegarsi la realtà e i sistemi di pensiero forniscono i modelli per farlo.
I sistemi di pensiero comprendono ambiti diversi: lo spazio e il tempo, la magia e la stregoneria, il rapporto tra natura e uomo, i generi, le forme della riproduzione, la vita e la morte, la malattia, i rapporti di causa-effetto del mondo.
Le cosmologie
I sistemi di pensiero sono anche detti COSMOLOGIE, ovvero discorsi sull'organizzazione del reale, ciò che si contrappone al caos (cosmos/caos). La cosmologia descrive non solo i rapporti di causa-effetto ma anche i rapporti di senso.
Horton ha messo in relazione questi sistemi di pensiero notando che tutti cercano una spiegazione che vada oltre il senso comune. Spiegare significa infatti oltrepassare il senso comune (apparenze), semplificare, superare il disordine per trovare un principio di ordine nella casualità e anomalia dei fenomeni. Scienza e cosmologia sembrerebbero avere la stessa matrice originaria: la necessità e la funzione esplicativa. Dobbiamo però riconoscere che la scienza insiste molto più sui nessi di causa-effetto, la sequenza causale, mentre la cosmologia sembra più interessata ad individuare la strutturazione organizzata delle cose. Le teorie scientifiche sono scelte anche in base all'eleganza, e alla capacità di spiegare con meno elementi possibili i fenomeni.
La costruzione retorica della realtà
Le cosmologie sono apprese, l’essere umano non ha una dotazione cosmologica naturale. Siamo comunque tutti dotati naturalmente di sistemi cognitivi che ci permettono di distinguere una cosa dall’altra, le culture poi si sovrappongono rapidamente a questi modelli di base ognuna apportando la sua rilevanza ad alcuni aspetti. Il modo di concepire la realtà secondo “stili” cognitivi è studiato dalla retorica. La retorica è la conoscenza delle figure retoriche del linguaggio come modellizzazioni del reale che rende possibile una comunicazione efficace. Le metafore sono delle somiglianze non causali ma culturalmente e retoricamente stabilite. La religione e le cosmologie utilizzano queste strategie retoriche in modo talmente efficace che tendono a passare inosservate. Anche nella nostra vita quotidiana utilizziamo regolarmente forme di pensiero metaforico o analogico, sono perlopiù metafore sopite e irriflesse: pensiamo molto più per analogie che per nessi di causa-effetto, ma spesso a malapena ce ne accorgiamo.
Le analogie esplicative
[Dal minuto 25 circa] Si noti che tutte le culture devono funzionare in modo analogico. Superfici ed Essenze spiega benissimo il meccanismo raffinato dall'analogia.
Il pensiero elabora sempre delle analogie esplicative, ovvero dei tentativi di spiegare gli eventi tramite accostamenti ad altre sfere del reale.
[Dal minuto 58.15 circa un annuncio all'interfono fa fare una brusca sterzata al nostro discorso e ci porta a parlare di potere, cui segue un acceso dibattito]
[dal minuto 1:11 ritorniamo al punto]
Il punto è: le categorie sono culturali, la disposizione attivarle è naturale. Il modo in cui queste categorie si attivano e correlano fra loro da vita a un sistema di pensiero. Nel 1935 accade qualcosa che riavvicina le presunte differenze tra il sistema di pensiero occidentale e quello presuntivamente primitivo. Marcel Griaule pubblicava la sua etnografia sulla popolazione Dogon del Mali che all'epoca era colonia francese, in cui ne ricostruiva la cosmogonia. Secondo la ricostruzione di quest'ultimo si notava un carattere di sistematicità e di coerenza che la avvicinava per certi aspetti alle costruzioni teoriche e alle spiegazioni fornite dalla filosofia e dalla scienza occidentali. Questo scatenò un dibattito sull'effettiva coerenza del pensiero Dogon ricostruito da Griaule, ma in ogni caso segnò il momento da cui poi gli antropologi iniziano a parlare di «sistemi di pensiero». Cominciarono cioè a studiare in una nuova prospettiva l'attività speculativa dei popoli sino ad allora ritenuti poco votati alla riflessione pura.
Robin Horton mise a confronto i sistemi di pensiero africano e occidentale e individuò in due sistemi di pensiero profondamenti diversi un punto comune: la funzione esplicativa.
Entrambi i sistemi, sostiene Horton, sono alla ricerca di una spiegazione del mondo, dove «spiegare» significa: oltrepassare il senso comune (fermo alle apparenze), disvelare quello che c'è oltre l'immediatezza della percezione; ricercare l'unità dei princìpi e delle cause (di fronte alla frammentazione si cerca la categorizzazione); semplificare; superare l'apparente disordine per trovare un principio d'ordine del mondo. Infine 5) cogliere la dimensione della regolarità dietro l'anomalia e della casualità dei fenomeni. Individuare la regola.
I sistemi di pensiero africani affrontano questi problemi in termini di concetti religiosi e di divinità, mentre quello scientifico moderno fa la stessa cosa in termini di forze fisiche. Tutte le azioni e i pensieri degli agenti divini risulteranno infatti finalizzati all'individuazione dell'unità dei princìpi, della semplificazione esplicativa, dell'ordine e della regolarità del mondo, cioè di quegli stessi obiettivi perseguiti dal pensiero scientifico moderno. La difficoltà con cui gli occidentali tendono ad accostarsi a questi sistemi di pensiero dipende dal fatto che non li considerano per quello che sono: dei tentativi di prendere le distanze dal senso comune.
L'uso delle analogie esplicative: malattia e relazioni sociali
È stato osservato che mentre il pensiero occidentale, da un certo momento in poi, si è rivolto alle "cose” cioè al mondo esterno per costruire le proprie analogie esplicative, altri sistemi, tra cui quelli dell'Africa subsahariana, hanno privilegiato il mondo sociale. La loro «Stranezza» (per noi) deriverebbe proprio dal fatto che essi si sono allontanati dai riferimenti empirici (le cose) che invece costituiscono i parametri di riferimento dei modelli scientifici moderni.
In Africa e altrove, invece, le analogie esplicative si sono espresse nel linguaggio della «persona», linguaggio che viene trasferito al sistema delle relazioni causali, per cui le «Spiegazioni» dei fenomeni possono essere legittimamente fatte coincidere con l'azione di un dio o di un antenato.
Il caso dell’AIDS in Camerun, provocato dai rapporti sessuali, ma tradizionalmente sono i vecchi che concedono ai giovani di avere rapporti e quindi c’è una reciproca accusa tra generazioni su chi sia il responsabile sociale della malattia: i giovani che non hanno rispetto o i vecchi gelosi e stregoni?
L'AIDS in Camerun è spiegato come una punizione che i capi stregoni indirizzano ai giovani che hanno rapporti sessuali promiscui e non protetti. L'AIDS insomma, oltre a essere una malattia la cui diffusione è spiegata in termini empirici, è il «segno» di un male che trae origine dal malfunzionamento dell'ordine sociale, che diventa, di fatto, l'elemento esplicativo principale.