[Seguiamo qui in gran parte la continuazione
della dispensa di
METAFORE E ANALOGIE MODERNE
Nella prima parte della lezione abbiamo cercato di applicare metafore ed analogie alla nostra società.
Ricordando che non esistono teorie valide soltanto internamente e che tutte le teorie si situano all'interno di contesti analogici (ossia che creano connessioni tra le parti) ho sollecitato la classe in merito ad una lettura delle teorie di complotto, in special modo del movimento no-vax.
Potrebbe essere
che il giudizio di valore che diamo al vaccino per il virus da covid-19 può essere letto all'interno di un'analogia
esplicativa che è il giudizio di valore che diamo al termine società?
Cosa succede se alla parola 'società' alcuni individui danno una
connotazione morale negativa? Se lo stato viene assunto come qualcosa di pericoloso, da cui ci si deve in qualche
misura difendere, più che al quale bisogna partecipare?
Proseguendo con il gioco delle analogie, il corpo cosa sarebbe? Uno strumento di controllo del reale o
uno spazio sacro che va salvaguardato nei confronti del reale?
E, ancora, il bravo genitore è uno che protegge i figli o che li fa
diventare forti? Spesso le due cose sono in contraddizione.
A queste stimolazioni segue un acceso dibattito.
METAFORE PRIMITIVE
Perché solo noi ci riteniamo capaci di parlare metaforicamente?
[Dal minuto 49.00] Ci caliamo di nuovo nel testo, per affrontare il tema della metaforicità e del pensiero magico nei cosiddetti 'primitivi'.
Nel testo di Fabietti c'è il riferimento a un'analisi molto
dibattuta circa l'assunto Bororo 'noi siamo Arara Rossi'
Secondo l'antropologo australiano Roger Keesing molto spesso il pensiero dei popoli diversi dal nostro viene preso troppo “alla lettera”. Perché solo noi dovremmo pensare metaforicamente e gli altri no? Anche gli altri lo fanno, ma utilizzano i loro nessi simbolici.
Nel 1894 Karl von den Steinen, in uno studio sui Bororo del Mato Grosso in cui si riporta l’affermazione “noi uomini Bororo siamo arara rossi”. Lévy Bruhl avrebbe detto che I bororo si assimilano agli arara perché utilizzano il pensiero pre-logico o irrazionale (più tardi egli rinnegherà questa teoria).
Poiché le espressioni metaforiche non sono proprie solamente del nostro modo di pensare, l’assimilazione tra gli uomini e gli arara non va intesa come una sorta di loro convinzione di essere realmente dei pappagalli (tant’è che nella vita reale sono lontani anni luce dal comportarsi come degli uccelli); piuttosto va letta come una grande metafora con cui i Bororo esprimono la condizione maschile all’interno del contesto sociale:
La società Bororo ha un sistema di discendenza matrilineare e un modello di residenza uxorilocale (i mariti vanno a vivere a casa delle mogli ma mantengono le sorelle), i pappagalli sono i soli animali da compagnia curati e nutriti dalle donne che li assimilano a bambini, le piume iridescenti di questi pappagalli sono considerati il ricettacolo dello spirito, l’aroe, e ricoprendosi di piume durante i riti gli uomini si sentono assimilati ai pappagalli. Inoltre i Bororo si considerano discendenti di un antenato comune che è proprio un arara, quindi l’arara è anche un totem.
La teoria per cui i Bororo penserebbero in modo prelogico contiene un errore clamoroso che è quello della contrapposizione tra NOI e LORO (noi pensiamo in forme di pensiero logico – razionale, invece i primitivi no).
MAGIA
La magia e le sue interpretazioni
Per «magia» si intende comunemente un insieme di gesti, atti e formule verbali (a volte anche scritte) mediante cui si vuole influire sul corso degli eventi e sulla natura delle cose. Un atto magico sarebbe un'azione compiuta da un soggetto (il mago o lo stregone) nell'intento di esercitare un'influenza di qualche tipo (positiva o negativa) su qualcuno o qualcosa. A fin di bene, magia bianca, o a fin di male, magia nera.
La magia è un atto manipolativo della realtà.
Nella teoria evoluzionistica della specie umana la magia è considerato in una scala di valore gerarchico un tipo di pensiero semplice seguito dalla religione e infine dalla scienza.
I primi antropologi interpretarono la magia come una specie di «aberrazione intellettuale» (non capiscono i rapporti di causa effetto) tipica dell'uomo primitivo, oppure come una «scienza imperfetta» (ignoranza dei principi che regolano il mondo). Secondo Lèvy-Bruhl, infatti, il pensiero di questi uomini primitivi sarebbe sostanzialmente diverso da quello razionale basato sulla logica aristotelica in quanto mancante del principio di identità, di non contraddizione e di causalità. Altri vedono nel pensiero magico una «scienza imperfetta», per cui pur possedendo la nostra razionalità e un’idea embrionale di scienza, i primitivi applicano la ragione in modo inadeguato e ne confondono i principi. La magia imitativa e quella contagiosa
James G. Frazer (Il ramo d’Oro) riteneva che esistessero due tipi fondamentali di magia: la magia imitativa, rito della pioggia o pelle di animale per imitarne le movenze, e la magia contagiosa, ovvero il potere di agire sulle cose e sugli altri. La magia imitativa si basa sul principio erroneo che imitando la natura si possano ottenere gli stessi risultati o amplificarli. La magia contagiosa si basa sul principio che se manipolo una porzione di un essere posso influenzare la totalità di quell’essere. Da un punto di vista linguistico si può paragonare la magia imitativa alla figura retorica della metafora, mentre quella contagiosa alla figura della metonimia che indica una parte per esprimere il tutto. Interessante è che la magia verrà spesso studiata e osservata come se fosse un linguaggio o un codice (ovvero come dimensione simbolica) e non come una tecnologia. Sempre Frazer riteneva che magia, religione e scienza fossero tra loro legate dall'eterno tentativo dell'uomo di spiegare l'origine dei fenomeni e le relazioni tra di essi. La magia sarebbe nata per ottenere dei benefici nella vita quotidiana, la fase successiva invece sarebbe una resa dell’uomo che sfocia nella religione e nel culto di essere superiori che adempiano alle richieste che l’uomo non è riuscito a soddisfare da sé. Si comincia per questo a sviluppare l’idea di entità superiori o meta-umani. Infine sarebbe subentrata la fase della scienza, del pensiero razionale e dell’osservazione. C’è una sequenzialità in cui si sviluppa una completezza delle potenzialità dell’uomo come animale razionale. (modello evoluzionistico) Il funzionalismo Malinowskiano
Un'altra teoria della magia fu successivamente elaborata da Malinowski nel corso degli anni Trenta a partire dalla sua esperienza di ricerca nelle isole Trobriand. La religione, in questa ottica, non è chiamata a spiegare l'origine dei fenomeni, ma va considerata nella sua FUNZIONE ovvero fornire certezze di fronte ai grandi «misteri» della vita: il bene e il male, il dolore, la morte, la vita dopo la morte, tutti problemi comuni alle società umane. La magia, invece, ha finalità eminentemente pratiche ma viene a supporto delle certezze della religione, sopperisce all’imponderabilità all’imprevedibile che genera ansia (religione e magia si compensano). Malinowski riteneva che la magia fosse un mezzo per rispondere a situazioni generatrici di ansia. Compiendo una serie di atti particolari e appropriati alla situazione da affrontare si cercherebbe, mediante atti di natura magica imitativa o contagiosa, di prefigurare il buon esito dell'impresa. La magia consiste infatti per Malinowski in una serie di «atti sostitutivi». La magia non sarebbe quindi «anteriore» alla religione o alla scienza, ma piuttosto un «tratto primordiale che afferma il potere autonomo dell'uomo di creare dei fini desiderati». Sul finire della lezione abbiamo introdotto Ernesto de Martino, un pensatore molto importante con una lettura della magia che aggancia l'idealismo crociano e la fenomenologia. La prossima volta parleremo di tarantismo e crisi della presenza.