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lunedì 26 ottobre 2009

Vita privata e politica 2.0


Al di là delle considerazioni specifiche (per esempio, qualcuno si è accorto che andare a puttane da destra porta ulteriori consensi, mentre andarci da sinistra porta alla fine della carriera politica? Qualcosa vorrà pur dire, sulla differenza antropologica tra queste due anime del paese, no?) non mi pare si sia ancora discussa la rilevanza del dato tecnico cui stiamo assistendo. Che si tratti del “lettone di Putin” o di quel che Natalie faceva con Marrazzo, il punto è che nessuno di questi scandali sarebbe potuto accadere in questa forma solo cinque anni fa, perché non c'erano le condizioni tecnologiche. Solo le spie di professione andavano in giro con registratori o telecamere miniaturizzati (ricordate James Bond che negli anni Sessanta e Settanta - ma anche Ottanta e Novanta - faceva foto o riprese con telecamere nascoste negli occhiali, o in una penna?) e quindi l’atto “imbarazzante”, lo scandalo aveva spesso rara documentazione. Ora praticamente tutti siamo in grado di documentare le piastrelle dei cessi e le strisciate di coca, la lanugine sotto il letto e il rumore dei peti notturni. Siamo tutti sputtanabili perché abbiamo tutti la tecnologia per sputtanare.
Naturalmente, i mass media hanno da molto tempo “trasformato la visibilità” come dice John B. Thompson, e il rapporto tra visibilità e politica ne ha pagato immediatamente le conseguenze. Prima dei media (vale a dire prima della stampa da un lato, che ha consentito la condivisione di eventi altrimenti invisibili; e prima della tele-visione che ha reso visibili anche gli eventi condivisi da lontano, che i giornali potevano solo raccontare) il potere era sostanzialmente invisibile, e i potenti “solo di fronte alla cerchia relativamente ristretta dell’assemblea e della corte erano costretti a controllare il loro modo di apparire” (John B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Bologna, il Mulino, 1998, p. 169. Ed. or. 1995). Il pubblico senza luogo della stampa e poi della televisione modifica alla radice il rapporto tra potere e visibilità: “Quando i re, i principi o i signori si mostravano ai propri sudditi, lo facevano per affermare pubblicamente (visibilmente) il loro potere, non per rendere pubblici (visibili) i fondamenti delle loro decisioni politiche” (p. 175), e si guardavano (!) bene dal rendere visibili gli arcana imperii, che tali dovevano rimanere.
Possiamo ripensare alla storia della televisione (intesa come tele-visione, visione a distanza, non come tele-visore, apparecchio unico che la consente) come alla storia del controllo della visibilità, con una progressiva erosione del potere da parte della tele-visione. Pensate alla lottizzazione della Rai come a un disperato tentativo di controllare l'allora unica fonte di tele-visione, vale a dire i tele-visori, che ha preso la sua forma compiuta (alla fine degli anni Settanta, un pezzo alla DC, uno a PSI e uno al PCI, “bocón a mi, bocón a ti, bocón al can, aaahm!” dicevano dalle mie parti per far mangiare i bimbi) proprio mentre la tecnologia cominciava a rendere la tele-visione disponibile fuori dai tele-visori di stato, prima come televisioni private, poi come prossimo-visioni di Vhs, e poi ancora come tele-visioni della Rete. In questo passaggio, il potere ha compreso solo limitatamente che esporsi non era solo un modo per ottenere consenso, e ha invece ceduto al narcisismo più sfrenato, ribaltando l’idea del Panopticon rielaborata da Foucault: la visibilità assoluta non è dei molti sottomessi, oggetto dello sguardo del potere, ma è invece dei pochi potenti, di coloro che riescono ad essere sempre visibili.
Il problema è che i potenti si illudono sempre (i nostri sono tutti cresciuti nell’epoca della tele-visione confinata nel tele-visore) di poter controllare quella visibilità con qualche CdA Rai, mentre dovrebbe essere evidente da tempo che di quella costante, pervasiva tele-visione nessuno è più veramente in grado di tenere a bada le tracimazioni:
Le gaffe e l’eccesso, l’intervento a un programma televisivo che fallisce il suo scopo, la fuga di notizie e lo scandalo: tali situazioni dimostrano tutte che, a prescindere dalle energie investite, gli individui non sono in grado di controllare completamente la loro visibilità attraverso i media, e che dunque nulla li protegge dai nuovi rischi prodotti dalla natura a doppio taglio della visibilità mediata. Una delle ragioni che spiega tale impotenza è la vera e propria proliferazione dei mezzi di produzione e trasmissione dei messaggi mediati che caratterizza il mondo di oggi (sempre Thompson, p. 206).
Si noti che Thompson scriveva queste pagine nel 1995, vale a dire quando su internet molti di noi andavano a 144 kb, e molto prima del 2.0 inteso come autoproduzione mediatica. Lui parlava delle videocamere (avete presente i cassoni a spalla di quegli anni?) ma aveva certamente già intuito la direzione in cui stavamo andando. L’integrazione mediatica è tale che a me è venuto in mente un paio di volte di registrare contesti potenzialmente dannosi per me utilizzando il mio lettore mp3, che infatti è anche un ottimo registratore, e anche se non l’ho fatto resta la potenziale disponibilità del mezzo tecnologico.
La politica è entrata in una fase completamente nuova, e Marrazzo e Berlusconi (o il leghista Salvini cioccato mentre cantava cori anti-terroni in qualche festa padana e di fatto costretto a dimettersi dalla carica di assessore a Milano) sono solo gli avamposti di un processo che ci sta travolgendo tutti, di cui è difficile prevedere gli sviluppi ma che deve renderci consapevoli che siamo entrati in un modo completamente nuovo di gestire la cosa pubblica e il nostro rapporto con i suoi amministratori, un modo che francamente non mi piace per nulla, dato che le attuali condizioni di visibilità assoluta di tutti da parte di tutti
…è anche possibile che preparino il terreno per la nascita di un nuovo tipo di demagogia: la repentina ascesa al potere di un personaggio apparentemente non toccato né dagli scandali né dai loschi affari dei politici di professione e delle loro clientele, e il cui fascino trae nutrimento, in parte, dal generale malcontento e senso di sfiducia (p. 207).
Aspettiamoci quindi dimissioni per flatulenze rumorose, linciaggi pubblici per oltraggi alla madre del genere umano, scomuniche per bestemmie sommesse ma comunque documentate. Chiunque abbia un pezzo qualunque di potere pensi alla sua vita come una costante messa in scena, a un visibilio senza tregua, a un’esposizione all’incrocio dei venti. Forse il pensiero farà ritrarre i più impresentabili, ma non allontanerà di certo i vanitosi. Per tutti, comunque deve valere una regola aurea, che Berlusconi, Marrazzo e Salvini non hanno evidentemente ancora imparato: "Lo vogliano o no, i leader politici di oggi devono essere pronti ad adeguare le loro attività a un tipo di visibilità del tutto nuovo e di dimensioni incomparabili. Se la ignorano, lo fanno a loro rischio e pericolo" (pp. 169-170).