Sono più di due anni che, come Tor Vergata, ci
sbattiamo per il polo ex
Fienile, cercando di farlo diventare uno spazio comune per il territorio, senza ridurlo a spazio esclusivo di un pugno di
abitanti delle strade lì attorno, e senza farlo diventare una specie di avamposto
dei Servizi sociali per il disagio
delle periferie.
Da una parte ci rendiamo conto che “il territorio” ha
diritto di esprimere le sue
esigenze, di trovare spazi di espressione (artistica
e ludica), ma crediamo anche che il
Fienile abbia le potenzialità per diventare un posto più inclusivo, un hub per attività anche piccolo-borghesi (come la Scuola
di politica) e decisamente culte (come certe presentazioni di libri),
oppure aperto agli abitanti romani non
di Tor Bella Monaca, di altri quartieri, di altri spazi.
Il dramma di
Torbella, se possiamo dire così, è il suo assurdo orgoglio identitario. Non c’è nessuna ragione, veramente, nessuna,
per essere “orgogliosi” di appartenere
a Tor Bella Monaca. Attenzione, non fraintendete il senso: non è che pensiamo
che, invece, venire da Talenti o Monti potrebbe legittimare altri
orgogli identitari, figuriamoci.
Siamo sempre più convinti che la vera sciagura
della città di Roma è il suo coltivare micro-identità
tutte tronfie: siano quelle della borghesia papalina arroccata nel Centro storico; del generone convertito alla pubblica amministrazione della periferia storica; del proletariato e sottoproletariato
angustiato dalla crisi e dalla cronica carenza
di servizi nella periferia stremata a cavallo
del GRA.
Se non fosse che c’è un sito
bruttissimo che ne ha fatto un’orrida bandiera del “decoro”, vorremmo dire a gran voce che “Roma fa schifo”, tutta ripiegata
in sé stessa, nei suoi quartieri (curati o anonimi, di destra e di sinistra,
proletari e borghesi), miope,
incapace di vedere quel che semplicemente le sta a fianco, sospettosa di
chiunque venga appena un poco da fuori (da
fuori del cerchio di vie che è “il mio territorio”), rancorosa verso i cafoni
quando piccolo-borghese, e roca di sospetto
populista quando sottoproletaria e stracciona. Quella “mamma Roma” da cui veramente scappava incazzato
Remo Remotti
(attenti, ragazzi, lui era pieno di rabbia, non confondete la sua invettiva con
la patetica malinconia del remake di
Cranio Randagio, vittima inconsapevole della stessa mentalità
che aveva fatto andare ai matti Remotti), fatta soprattutto di «sto
nel mio piccolo, e per quanto merdoso è “mio”, quindi non mi cagate il
cazzo, ed è “piccolo”, quindi non mi
angoscia quanto invece mi angoscia questo schifo di spappolamento urbano,
di dispersione, di confusione».
Ecco, Tor Vergata al Fienile, con le attività del LaPE
in particolare, ha cercato di combattere l’emarginazione che diventa
auto-ghettizzazione, il gusto da Sinn
Féin Amháin ("ourselves only / ourselves alone / solely us") che
detestiamo da quando siamo tornati dall’Irlanda, vent’anni fa.
Litigando quando
necessario, e rompendo anche qualche
ponte che si era rivelato un muro refrattario, Tor Vergata va avanti
col suo lavoro di raccordo, per fare
del Fienile un posto di espressione
locale e di intersezione cittadina,
un posto pubblico nel senso compiuto
della parola.
Continueremo a lavorare in sintonia con l’Associazione 21 Luglio e con l’Associazione Culturale Psicoanalisi Contro
(con cui gestiamo il polo ex Fienile secondo il progetto del Comune che ce lo ha assegnato), ma
anche con chiunque, privati
cittadini, imprenditori e associazioni locali e territoriali, associazioni
cittadine e nazionali, vogliono fare del polo ex Fienile uno spazio di condivisione, non identitario. Uno spazio in cui le diversità si confrontano, non competono ma collaborano,
con un fine generale condiviso: produrre
cittadinanza, consapevolezza, conoscenza, partecipazione trasversale interclassista,
interlocale, interetnica. Perché crediamo che la politica è la capacità di
articolare un discorso pubblico
collettivo, finalizzato alla consapevolezza del vivere associato. Tutto il
resto è guerra tra bande.
Sabato 8 giugno ci
incontriamo per raccontarci quel che abbiamo fatto quest’anno e per aprire
nuove piste di lavoro per l’estate e l’anno entrante. Si parla, come al solito ci sarà arte,
musica e scienze sociali, ma offriamo anche un aperitivo. Vorrei che veniste se
siete di Torbella, se non siete
di Torbella, se siete cittadini
romani e se non lo siete, se siete italiani e se non lo siete, se siete giovani e se siete
anziani. Se vi interessa che questa città acquisti una forma, ecco, quello è il vero criterio sulla base di cui vi invito: venire a vedere, a partecipare a condividere un progetto di costruzione dello spazio pubblico nella
città di Roma. Non ce ne sono tanti, di spazi come questo (un altro in
costituzione, con altre risorse, potrebbe essere questo).
È uno spazio ancora neonato, con un
sacco di gelosie e ritrosie, ma se tutti, locali e non locali, ne prendiamo
idealmente possesso, potrà diventare
veramente un luogo speciale, un nucleo per pensare
alla città di Roma in modo diverso e per farla
funzionare diversamente.