Ho letto per la prima volta un pezzo di David Graeber a fine 2012, un articolo pubblicato sulla rivista degli antropologi europei (“On social currencies and human economies: some notes on the violence of equivalence”, Social Anthropology, 20, 4, pp. 411-428). Si trattava, ma ancora non lo sapevo, di una sintesi del suo ponderoso Debt, uscito l’anno prima, e ricordo mi fece un’impressione notevole (anche se non credo proprio capii tutto) soprattutto per l’agilità che Graeber dimostrava nel maneggiare le fonti storiche.
A me, personalmente, questo è l’aspetto che più ha
intrigato, anche quando seguii su Hau la sua sostanziosa ma garbata
polemica
con la ontological turn e ancor più quando misi mano al monumentale Debt.
Di nuovo, non ho capito proprio tutti i passaggi dell’argomentazione di Graeber,
e se pur posso dire di non aver condiviso fin da subito il per me disinvolto
uso dell’interpretazione storica proiettata sul passato remoto
ricostruito molto selettivamente, ho trovato le sue scorribande crono-planetarie
davvero entusiasmanti. Soprattutto perché mi davano l’impressione che, come
antropologi, potessimo ancora trovare qualche motivo di audacia epistemologica, vale a dire di
uscita dal livello della local knowledge, per provare a riprendere il filo
del discorso evolutivo: come siamo arrivati a questo
punto, a questo stato di cose nella storia del mondo e dell’umanità?
Questa, ecco, la domanda che David Graeber non ha mai smesso di porsi, sempre disposto
a grandiose teorizzazioni (davvero, grandioso è l’aggettivo che
forse meglio si addice al suo stile di pensiero) senza però cedere alle scorciatoie
dei tic ermeneutici sempre più evidenti dell’antropologia “critica”
(che lui non ha mai smesso di criticare, del resto).
Vogliamo ricordare David Graeber, nel giorno del suo compleanno,
confrontandoci con tutto il suo spessore di studioso, con l’esuberanza
delle sue teorizzazioni, con la profondità delle sue coscienti provocazioni
interpretative.
Per questo ci vedremo, in numeri contenuti per le ragioni
note a tutti, sabato 12 febbraio negli spazi del Polo Ex Fienile, dalle
ore 17.00 alle ore 20.00, incluso aperitivo con brindisi di auguri per David.
Ci sarà tempo per discutere, e pochissimo spazio per le agiografie (che
Graeber detestava forse più di chiunque). Io proverò ad articolare le mie
riflessioni soprattutto sul suo ultimo libro, uscito postumo, L’alba di tutto
(che è questo,
mi raccomando, non certo questo,
e neanche questo,
anche se forse la coincidenza dei titoli qualcosa svela dell’intensità
del progetto culturale perseguito da Graeber e Wengrow) scritto non casualmente
con un archeologo, David Wengrow, vale a dire con il partner migliore
che potesse trovare per questa sua vocazione al quadro (pre- e proto-)storico maestoso. A parlarne ci saranno anche amici e studenti, di Tor Vergata, dove
insegno, ma ci sarà anche un gruppo di studenti del corso di Antropologia economica
del collega e amico Matteo Aria, di Sapienza.
Per partecipare, sarà obbligatorio presentare il
Greenpass ed è quindi mooolto gradita la prenotazione su Eventbrite, che
potete fare
qui. Vogliamo infatti evitare di trovarci nella condizione di non poter
accettare ingressi viste le limitazioni che ci siamo dati.
Ciao David!