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martedì 15 aprile 2025

Il mito della sovrappopolazione e la fine dell'antropologia apocalittica

 

Nel mondo reale, non in quello degli slogan ecologisti anni ’70, non siamo troppi: siamo sempre meno. Leggendo l’articolo pubblicato il 14 aprile 2025 su Il Foglio, che riporta un’analisi di Foreign Policy firmata da Ivan Krastev e Stephen Holmes, risulta evidente come il vero incubo del XXI secolo non sia la sovrappopolazione, ma lo spopolamento. Russia e Ucraina, al centro di un conflitto che viene giustamente interpretato anche come una “guerra di lutto”, sono solo i casi più drammatici di una tendenza che coinvolge quasi tutto il pianeta.

Nel 2015, il tasso di fertilità globale era già sceso alla metà di quello del 1965, e oggi la maggior parte della popolazione mondiale vive in società con tassi di natalità inferiori al livello di sostituzione. La Cina, che per decenni ha imposto politiche di controllo delle nascite con il consenso implicito degli ambienti progressisti occidentali, si trova oggi a fronteggiare una crisi senza precedenti: secondo The Lancet (2020), la popolazione cinese potrebbe dimezzarsi entro il 2100. Uno scenario simile si profila per la Corea del Sud, il Giappone, l’Italia, la Spagna e persino gli Stati Uniti, dove solo l'immigrazione mantiene a galla il bilancio demografico.

Il mito della “bomba demografica” è stato uno degli assiomi ideologici del pensiero ecologista del secondo Novecento, eredità diretta del Club di Roma e del suo famoso rapporto del 1972, I limiti dello sviluppo. Ma quel modello previsionale, che presumeva una crescita esponenziale e lineare della popolazione umana, si è rivelato sbagliato. La realtà storica ha smentito le sue premesse teoriche, ma l’ideologia sopravvive, impastata con un senso di colpa occidentale che trasforma il semplice fatto di esistere in un atto ecologicamente criminale.

È su questa base che ancora oggi si invocano riduzioni della popolazione, “decrescita felice”, e addirittura sterilizzazioni volontarie come atto di giustizia climatica. Eppure, il mondo reale ci mostra un’altra storia: il collasso demografico sta producendo, già ora, effetti sociali ed economici devastanti, e potenzialmente destabilizzanti anche dal punto di vista geopolitico. Se davvero la guerra di Putin può essere letta come un tentativo di risposta paranoide a un crollo demografico percepito come esistenziale, allora è tempo di archiviare definitivamente la retorica della sovrappopolazione.

E qui l’antropologia culturale ha delle responsabilità. Per troppo tempo, anche la nostra disciplina si è lasciata affascinare da narrazioni catastrofiste, ripetendo meccanicamente i mantra malthusiani e riproducendo la paura dell’umano in quanto tale. Ma un’antropologia che si vuole “scienza della cultura” non può fondarsi su un rifiuto della continuità umana. Se la popolazione mondiale smette di crescere, e anzi invecchia e si ritira, anche l’oggetto stesso dell’antropologia – le forme culturali dell’umano in relazione – rischia di diventare evanescente.

Il compito dell’antropologia non è assecondare l’apocalisse, ma interpretare la vita. E oggi ciò significa riconoscere che il vero problema non è “troppa umanità”, ma troppo poca umanità. Servono modelli culturali capaci di accogliere la natalità come bene collettivo, la famiglia come risorsa, la generatività come valore sociale. Continuare a immaginare un mondo da cui l’essere umano debba essere espulso per salvare il pianeta significa condannarsi all’estinzione anche come disciplina.

Forse è il momento di riscoprire l’antropologia non come “scienza della critica” permanente, ma come scienza della cura, impegnata a costruire legami, generazioni, futuro. Non un futuro senza uomini, ma un futuro umano.

Fonti principali:

  1. The Lancet (2020)Fertility, mortality, migration, and population scenarios for 195 countries and territories from 2017 to 2100: a forecasting analysis for the Global Burden of Disease Study. [DOI: 10.1016/S0140-6736(20)30677-2] (Proiezione su scala globale della contrazione demografica fino al 2100) https://www.thelancet.com/article/S0140-6736(20)30677-2/fulltext
  2. World Bank – World Development Indicators – Sezione "Fertility rate, total (births per woman)"
    https://databank.worldbank.org
  3. UN DESA – World Population Prospects 2022
    https://population.un.org/wpp/
    (Fonte ufficiale ONU per dati demografici, con grafici e tabelle dettagliate per paese e proiezioni)

Consiglio anche:

  • Paul Morland, The Human Tide: How Population Shaped the Modern World (2019) – un saggio accessibile e ricco di dati, utile per comprendere il peso reale dei mutamenti demografici nella storia recente.
  • Darrell Bricker & John Ibbitson, Empty Planet: The Shock of Global Population Decline (2019) – una critica ben argomentata all’ideologia della sovrappopolazione.