Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.
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domenica 27 gennaio 2008
Il piacere di insegnare
Per la specialistica di quest'anno, all'Unical, ho cercato di raccontare il peso della globalizzazione e le sue implicazioni culturali. Ho usato il libro di Arjun Appadurai che ho tradotto nel 2001 (Modernità in polvere, ormai giunto alla quarta ristampa), un libro del 1996 che ormai sente un po' l'usura del tempo, ma che come introduzione a questi temi (rapporto tra globalizzazione e neolocalismi; decolonizzazione e indigenizzazione; differenza tra emigrazione e diaspora; ruolo e crisi dello stato nazionale; mass media e identità; superamento del realismo economicista nell'analisi sociale, e molto altro) non ha ancora rivali, almeno in lingua italiana.
C'erano altre cose da leggere per il modulo, ma volevo che fosse Appadurai a essere la star. Come esercizio di fine modulo, ho chiesto agli studenti di presentare un elaborato scritto in cui mi facessero vedere che avevano imparato ad usare i concetti che ho cercato di insegnare loro. Ho sempre detto che il modulo era una specie di laboratorio, che il mio compito era insegnare a usare un poco la cassetta degli attrezzi dell'antropologo e che volevo vedere come se la cavavano analizzando con quegli strumenti un fatto di attualità, i temi di un altro modulo, un evento della loro vita.
Tutti, mi pare, hanno capito il senso dell'esercizio. Alcuni, com'è ovvio, rispondono più appropriatamente, altri meno, alcuni azzeccano il tema ma poi non lo analizzando benissimo, altri invece sembrano più preoccupati di dimostrarmi che conoscono le definizioni.
Quello che trovate qui è l'esercizio di Massimiliano Croce. L'ho trovato così riuscito, così acuto e così bello che mi sembra giusto farlo circolare, non fosse altro che come esempio (da NON imitare, tanto è unico) per quanti devono ancora scrivere il loro esercizio. Se conoscete Appadurai ci troverete tutti i suoi spunti migliori.