Con il tempismo che mi caratterizza, vorrei dire la mia sulla questione scuola derivante dal ddl Gelmini dello scorso agosto, convertito in decreto legge lo scorso 1 settembre.
Dico la mia, oltre perché la cosa mi interessa per “il bene della nazione”, per il duplice motivo che ho una figlia in seconda elementare e che la seconda elementare in questione è proprio la scuola Iqbal Masih di via Ferraironi, la scuola nel “quartiere casilino” che ha lanciato slogan come “il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini” e che è stata su tutti i giornali e su tutte le televisioni per una settimana.
Prima di tutto, mi sembra il caso di sgombrare il tavolo della discussione da una scemenza. Ho sentito dire (non solo da Emilio Fede, anche da organi di stampa veri e da diversi personaggi politici) che le maestre della scuola avrebbero strumentalizzato i bambini “costringendoli” a girare con il lutto al braccio. Non è successo nulla del genere. Alcuni genitori hanno fatto indossare ai figli le spiritose magliette con la scritta anti-Gelmini ma di bimbi col lutto al braccio non ne ho visti. E se anche ce n’è stato qualcuno, si tratta di una scelta dei genitori. Che poi i genitori plagino i figli non mi pare una grande novità…
Quanto alla protesta, io credo che si debba distinguere la profonda onestà intellettuale dei promotori della protesta dalle effettive conseguenze del decreto legge. Io sono molto contento della scuola di mia figlia, le maestre sono veramente di altissimo livello e soprattutto si vede che amano il loro lavoro e si rendono conto della responsabilità che hanno. Anche i genitori che hanno i figli in altre classi sono soddisfatti, a quel che ho potuto sentire, e in generale “la Ferraironi” è nota da anni in zona come un’ottima scuola. Gran parte del merito va proprio a Simonetta Salacone, la direttrice. Non credo di essere politicamente sulle sue posizioni, da quel che ho letto sui giornali rispetto alla sua collocazione di partito, ma non la cambierei con nessuno, tanta è la sua totale dedizione per il bene della scuola e degli alunni.
Il coordinamento genitori-insegnanti che ha attivato la protesta (con il sostegno della stessa direttrice) teme che questo patrimonio (perché se state a Roma in periferia la scuola dei vostri figli è veramente un patrimonio) vada disperso. Già questa primavera avevamo saputo che da quest’anno una delle nuove prime sarebbe stata senza tempo pieno perché non sarebbero state rimpiazzate alcune maestre che andavano in pensione, rendendo il numero degli insegnanti insufficiente per il tempo pieno totale, caratteristica per cui la la Iqbal Masih era rinomata, e c’era stata una prima protesta, che aveva sensibilizzato alcuni genitori (io, che fino a giugno ero in Calabria dal lunedì a giovedì a pranzo non ce l’ho fatta a seguire quella protesta).
Credo che del decreto Gelmini il vero problema sia stato “il maestro unico”. Il decreto in sé contiene diversi articoli condivisibili, e praticamente nessuno ha parlato dell’articolo 5 che prevede che i libri di testo siano adottati solo nel caso in cui “l’editore si sia impegnato a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio, salvo le appendici di aggiornamento eventualmente necessarie da rendere separatamente disponibili”. In questo modo si eviterà (se il decreto verrà convertito) quel che impropriamente è stato definito “caro libri”, e che in realtà riguarda la girandola di “nuove edizioni” che rendono inservibili i libri dopo un anno di uso.
Ma sul maestro unico la ministra credo abbia fatto un grave errore di impostazione B. Io non so bene quali siano state le ragioni della riforma del 1985, quella che ha introdotto il “modulo” (tre insegnanti su due classi), ma è evidente che nel tempo pieno il concetto di “maestro unico” (o anche solo “maestro di riferimento”) semplicemente non ha senso, dato che i ragazzi sono a scuola per 40 ore la settimana, e non c’è proprio verso che sia un “maestro unico” a seguirli.
Eppure la Gelmini ha detto che il tempo pieno non si tocca, e allora bisognerebbe che spiegasse meglio, e che rassicurasse i genitori, prima ancora che gli insegnanti o i sindacati.
Devo ammettere, infatti, che la questione dell’occupazione, per quel che riguarda l’insegnamento, mi interessa molto poco. Visto che non ho figli che cercano lavoro nella scuola, ma figlie che hanno ancora molti anni come studentesse, a me preoccupano non tanto i livelli di occupazione, quanto il livello di qualità. La scuola con il tempo pieno e con le maestre “specializzate” copre bene le mie esigenze di genitore, ma ho la forte impressione che l’obiettivo di questa cosiddetta riforma sia solo quello di risparmiare soldi, senza alcun vero progetto sui contenuti e sulla qualità della scuola. “Ridurre” il numero di insegnanti non significa nulla, certo non significa automaticamente un aumento della qualità, e può anzi significare facilmente l’opposto, se gli insegnanti “ridotti” sono i precari più giovani, cioè i più deboli oltre che spesso i più motivati. Se il ministro non ha intenzione di ridurre l’orario scolastico per i nostri figli, se veramente vuole migliorare la qualità oltre che l’efficienza economica, farebbe bene a parlare chiaro non solo ai sindacati, ma anche ai genitori, che possono essere i suoi interlocutori più preziosi, se riusciamo a parlaci e a capirci.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.