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Seguo pochissimo le notizie politiche in questo periodo, quindi non so bene quale possa essere stata la reazione alla dichiarazione di
Berlusconi secondo cui il PdL non vuole che l’Italia “diventi un paese
multietnico”, e mi auguro che oltre alla Chiesa anche qualche altro soggetto di buon senso abbia saputo dire qualcosa.
Sono convinto che il Premier stia facendo
campagna elettorale in un contesto dominato dal
razzismo vergognoso della
Lega (vera minaccia alla democrazia italiana ben più di qualunque berlusconismo o rigurgito neofascista), ma le cose che ha detto sono estremamente
gravi.
Come antropologo, sono ovviamente colpito dall’uso del termine “
multietnico”, che è molto più ambiguo di “
multiculturale”. Quest’ultimo rimanda infatti a una differenza di
pratiche (lingua, religione, usanze, valori, tradizioni) mentre multi-etnico sembra indicare una serie di differenze
para-razziali e quindi “oggettive”, come sa chiunque abbia studiato un poco la storia del termine
etnia. Il modo migliore per contrastare la posizione di Berlusconi è quello di fargli capire che la sua dichiarazione non solo mette al margine del sistema paese i diversi milioni di
stranieri residenti regolarmente che in Italia lavorano e pagano le tasse, ma colpisce al cuore l’
identità italiana, che nasce dal faticosissimo incontro tra
molteplici diversità. L’affermazione che il suo partito non vuole un paese multietnico implica per pure ragioni logiche che ne voglia invece uno
monoetnico, ed è questo il punto
terribile della sua affermazione.
Se l’attuale Presidente del Consiglio vuole un paese
monoetnico, deve spiegare ai suoi cittadini cosa intende fare della
varietà etnica che esiste in questo paese da molto prima che arrivassero i Romeni a rubarci il lavoro e le donne. Cosa ne farà dei moltissimi cittadini italiani che si professano
ebrei,
tirolesi,
sloveni,
occitani,
ladini,
cimbri,
arbresh,
grecani,
sardi,
walser,
roma, e tutti quelli per cui l’essere italiani coincide con una
specificità locale sentita come importante, per non parlare di “razza piave”, “lumbard” e “padani”? Se già l’antropologia ottocentesca aveva individuato la frattura tra “il ceppo
gallico” e “il ceppo
italico”, dovremo spazzare via il
Nord Italia perché etnicamente
impuro e inevitabilmente
multietnico? E dato che il Sud è stato per lunghissimi secoli un territorio in cui i
greci si erano sovrapposti alle popolazioni autoctone per lasciare campo agli
arabi che lo controllarono per quattro secoli (pensateci, quattro secoli) per cedere poi a nuovi conquistatori, che farà il presidente del Consiglio? Girerà con il
kit genetico per tutta l’Italia proponendo l’
espulsione di persone come la mia compagna, che è di famiglia sicula – quindi già imbastardita dai greci – ma rossa con gli occhi verdi (chiaro segno del dominio
normanno, e i normanni erano
scandinavi alquanto proclivi alla multietnicità) oppure di chi, come me, è nato in
Veneto ma con un nonno
palermitano che di cognome faceva Vadalà, di chiara
origine araba? Noi che non siamo monoetnici che fine faremo? Verremo espulsi? Sterminati nei campi di concentramento? Ci verrà apposto un marchio con cui i
veri Italiani potranno riconoscerci e stare alla larga da noi?
Il giochino che Berlusconi ha messo in campo per tenere il passo dei
neorazzisti leghisti dovrebbe farlo seriamente riflettere sulle conseguenze di certe
pagliacciate da campagna elettorale. Spacciare l’idea che il nostro paese voglia “non essere multietnico” è una scemenza senza senso dal punto di vista scientifico, ma gettata in politica legittima le
pulizie etniche: lo sfacelo
jugoslavo è nato proprio da deliri di questo tipo. Deliri che servono solo a quella vecchia istituzione, lo
stato nazionale, che in un’epoca di globalizzazione economica (e conseguente globalizzazione della crisi) non sa più che pesci pigliare per legittimarsi di fronte ai suoi cittadini, e preme il pedale sull’acceleratore della “
sicurezza”, utilizzando la “
purezza etnica” come combustibile di un viaggio che, se non si cambia rotta, non sarà certo a lieto fine.
Paradossale che tutto questo, vale dire la difesa della
purezza nazionale, si compia per bocca di un
industrialotto (a cui dell’Italia non frega ovviamente
nulla di nulla) che deve difendere il suo potere dagli assalti di una banda di
ignoranti livorosi che hanno fatto successo per anni parlando di razzismo
antimeridionale (io non dimentico i “
Forza Etna” e i “
Fora i teroni dal Veneto” che hanno lordato per anni le strade dove sono cresciuto) o di
secessione del Nord e che
sputavano sul tricolore italiano dichiarandosi “padani”. Insomma, la difesa dell’italiche sponde e della loro nobile e pura stirpe è stata demandata a cinici politicanti e vergognosi anti-italiani: l’astuzia della
scelleratezza ha ormai preso il posto dell’astuzia della
ragione.