Agli studenti di antropologia risulta difficile accettare sul serio che le metafore reggano la nostra vita quotidiana, che cioè il mondo sia percepito e conosciuto attraverso metafore. Non perché i miei studenti siano meno capaci di altri (anzi!) ma proprio perché uno dei valori forti della metafora, il suo essere efficace veramente come schema cognitivo, è quello di non essere percepita come tale, di rendersi invisibile.
Per spiegare la cosa cerco ogni anno qualche esempio che renda concreto questo concetto.
Ieri, ascoltando le "temperature in Italia" mi sono reso conto che c'è una metafora che regge la nostra concezione dell'Italia geografica, e non è quella dello stivale, come molti potrebbero pensare. Pensate a come vengono lette le temperature delle città italiane: si parte da Aosta, poi Torino, Milano, Genova, Bolzano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Cagliari.
Almeno dal punto di vista meteorologico, L'Italia è una pagina, e come tutte le pagine scritte in italiano si legge dall'angolo in alto a sinistra per finire nell'angolo in basso a destra (Cagliari è alla pagina successiva, per così dire). Mi chiedo se questa metafora abbia a che fare con l'uso a lungo letterario dell'italiano, lingua più scritta e letta che parlata, per secoli. Mi chiedo quale sia la metafora geografica di altri paesi, meno lunghi o meno stretti, come la Francia e la Gran Bretagna.
Penso che per tutta la vita ho considerato naturale che la lettura delle temperature iniziasse ad Aosta e finisse a Palermo, e mi chiedo quanto questa semplice immagine abbia influenzato il mio modo di concepire il Paese al di là del suo clima...
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.