La regola che vieta rapporti sessuali con parenti stretti (fratello, sorella, padre, madre, figlio, figlia) non è concettualmente la stessa regola che impone di sposarsi fuori dal gruppo di parenti stretti. Cioè: il tabu dell’incesto e la regola esogamica non hanno lo stesso valore concettuale. Nel caso 1 abbiamo visto che non c’è praticamente matrimonio nel senso di un’unione stabile tra un
uomo e una donna, eppure si applica il tabu dell’incesto, visto che fratelli e sorelle non si accoppiano tra di loro.
b) l’asimmetria di patri e matrilinearità
I casi 3 e 4 poi sono speculari fino ad un certo punto, fino
al punto cioè in cui questi modelli residenziali tendono a produrre gruppi di
discendenza. Se infatti si tratta
di gruppi residenziali “puri” si possono considerare uno
il converso dell’altro,
ma se entra
in gioco la
discendenza la faccenda si complica. Si deve infatti partire dalla
premessa che ci sia un’asimmetria su base sessuale in molte relazioni di
potere, per cui in molti casi e per molti settori sono i maschi a detenere una
quota di potere maggiore. Se, per esempio, una qualche forma di potere viene
trasmessa da maschio a maschio (eredità, sacralità, sacerdozio o altro)
ma il sistema
è matrilineare (cioè
la trasmissione passa
attraverso maschi
imparentati per via
femminile), questi maschi
devono sempre essere
in gradodi mantenere i contatti
tra di loro attraverso le sorelle, che sono i membri produttivi del gruppo di
discendenza, mentre se il sistema
è patrilineare non è necessario
questo contatto tra maschi attraverso le sorelle. In altre parole:
“mentre per produrre una situazione
matrilineare gli uomini
del gruppo consanguineo
si devono associare stabilmente con le sue donne, non è
necessario che le donne del gruppo patrilineare siano in associazione costante
con i suoi uomini” (Fox: 107). Capite meglio questa asimmetria se riprendete i
casi 3 e 4. Se il caso 3 sviluppa un gruppo di discendenza patrilineare, i maschi sono già associati e possono
trasmettersi il potere direttamente (di
padre in figlio) visto
che il legame
che legittima la
continuità è quello
del matrimonio (il maschio
non si riproduce,
si lega formalmente
ad una donna
e da quella “prende” i figli che ne nascono e li dichiara membri del suo gruppo). Per questo gruppo
di uomini lesorelle
sono andate via,
in altri gruppi,
e non hanno alcuna funzione riproduttiva per il proprio
gruppo (fanno infatti figli per i gruppi dei rispettivi mariti).
Ma prendete ora il caso
4. Cosa succede
ai maschi se
si sviluppa un gruppo
matrilineare? È chiaro
che devono trovare
un modo di
associarsi con le loro sorelle, visto che il loro potere
andrà in trasmissione ai figli di queste. I maschi “andati via” da un gruppo residenziale matrilocale che ha prodotto un sistema di discendenza matrilineare
devonoessere in grado
di associarsi con
le loro sorelle, pena l’impossibilità di trasmettere
il loro potere (o i loro beni) ai loro successori (figli delle sorelle).E’
questa la ragione che da vita a una strana
forma di residenza
che non abbiamo incluso
in questa sequenza teorica, e
che si chiama
residenza avuncolocale,
cioè residenza con
il fratello della madre
(avunculus in latino). Questo
curioso modo di risiedere nasce
proprio dal desiderio dei maschi in un sistema di discendenza matrilineare di
avere presso di sé i propri eredi. Quel
che deve essere
chiaro è che
nei sistemi patrilineari
predomina il legame emotivo tra marito e moglie da un lato
e quello di potere tra padre e figlio dall’altro, mentre nei
sistemi matrilineari il
legame emotivo dominante
è quello tra
fratello e sorella, e quello di
potere tra fratello della madre e figlio della sorella. È molto
importante che riflettiate
sull’asimmetria che c’è
tra sistemi patrie sistemi matrilineari: non sono uno il
converso ll’altro perché in entrambi icasi
i poteri detengono una
quota sproporzionata del
potere.
Terminologia della parentela
Per “teminologia” si intendono i
nomi che le diverse culture assegnano ai diversi parenti e affini. Per noi è
ovvio avere un termine per il padre, uno per la madre, uno per fratello
e sorella, uno
per cugino e
cugina, zio e
zia, nonno e
nonna, cognato, suocero, eccetera.
Ci sembra che questi termini rispecchino l’effettiva cposizione della nostra
rete parentale. Ma si tratta
un errore prospettico
dovuto all’etnoentrismo, che ci
fa sentire come naturali e ovvie le scelte culturali nelle quali siamo mmersi. Non è
affatto scontato che
il figlio del
fratello di mio
padre e quello
del fratello di mia madre siano identificabili con un unico termine (cugino),
come non è ovvio che il
marito di mia
sorella e il
fratello di mia
moglie siano entrambi cognati”. Partiamo quindi da un paio
di concetti sul modo in cui si organizzano i sistemi di parentela. Sappiamo già
cos’è un lignaggio: un gruppo corporato (con diritti e doveri in quanto gruppo,
che “agisce come una persona”) composto di persone imparentate tra di
loro, persone cioè
che possono rintracciare
la comune discendenza
da un antenato. Abbiamo visto che
i lignaggi costituiscono l’unità più piccola, spesso, ma non sempre,
su base residenziale
(i membri dello
stesso lignaggio spesso
vivono “assieme”,
nella stessa casa, o nella stessa porzione di villaggio) e che queste unità tendono a costituirsi in gruppi più ampi, detti clan, che raggruppano persone che si
considerano discendenti (pur non sapendo precisamente in che modo) da un
antenato che spesso è
mitico e può
anche non essere
un umano (un
animale, una pianta,
un essere mitico, quello
che costituisce il
“totem” del clan).
In alcuni casi
i clan possono, per diverse
ragioni, raggrupparsi in unità
ancora più vaste, dette FRATRIE, che sono
quindi una forma di raggruppamento più inclusiva. Le funzioni delle fratrie sono spesso
cerimoniali o esogamiche,
cioè regolano alcuni
comportamenti collettivi, come l’esercizio della funzione religiosa o di
quella matrimoniale.
Da qui succede un casino che è meglio che vi andate a vedere sulle dispense e nel video della lezione…