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mercoledì 10 dicembre 2008

Una storia semplice

Immaginate che un’importante squadra di calcio, per qualche misteriosa ragione, sia stata affidata a un allenatore che non ha esperienza di calcio, ma che invece ne sa di pallacanestro. Strano, no? Ma siamo in Italia e non dovremmo stupirci di persone che stanno in posti di comando senza che sia chiaro come ci sono arrivate.

Immaginate però, ora, che quella squadra sia stata promossa dal Ministero dello sport a rappresentativa nazionale ufficiale, e che nel regolamento che la riguarda sia indicato esplicitamente che d’ora in poi quella squadra deve essere allenata da un esperto di pallacanestro anche se, ripeto, è una squadra di calcio. Non vi sembrerebbe una scelta assurda? Dato l’andazzo, passi un caso singolo, una squadra locale affidata a un allenatore che non ha competenze specifiche (ripeto, siamo in Italia…) ma perché mai il regolamento della squadra nazionale di calcio dovrebbe porre tra le sue norme l’obbligo autolesionista di scegliere sempre e solo un allenatore di basket?

Sembra una storia idiota, e certo lo è. Peccato che, mutatis mutandis, sia vera. Esisteva infatti a Roma un Museo
delle arti e tradizioni popolari (MATP)
, istituito nel 1911 dopo la prima Mostra di Etnografia Italiana sotto la coordinazione di Lamberto Loria, un grande esploratore ed etnografo. Negli ultimi anni il Museo era diretto da Stefania Massari, una storica dell’arte, e già questo è strano: perché mai una storica dell’arte è stata messa a dirigere un museo da sempre antropologico? Forse non ci sono antropologi in grado di farlo? Ma fino a questo punto si era ancora alla piccola bega italianuccia per la direzione di un museo locale (per quanto di gran lunga il più importante del paese, quanto a tradizioni popolari).

Ma il passo veramente assurdo, veramente senza alcun senso, si è compiuto lo scorso ottobre. Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali ha emanato in data 8/10/08 un decreto che trasforma il MATP in un nuovissimo Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia (ICDE). Si tratta di un’operazione interessante, che intende valorizzare l’istituzione assegnandole compiti ulteriori di ricerca e valorizzazione dei beni antropologici italiani, che probabilmente va nella direzione giusta. Al Museo romano si è data una dignità nazionale, e gli si è attribuito il compito di lavorare e produrre sapere a nome di tutto il paese. Una mossa quindi interessante, e credo condivisibile. Con un unico punto critico: Il comma 2 dell’articolo 3 del decreto dice: “l’ICDE è diretto da un dirigente storico dell’arte, di seguito indicato come Direttore…”. Perché? La risposta è troppo facile, e parlare di “decreto ad personam” mi pare evidente.

Possiamo accettare una cosa del genere, che getta nel ridicolo non solo l’antropologia italiana, ma il modo stesso in cui lo Stato concepisce le sue rappresentanze culturali? L’ICOM,
vale a dire l’organismo associato all’Unesco (quindi alle Nazioni Unite) che riunisce i professionisti museali, ha già detto il 30 novembre scorso che questa scelta del Ministero è assurda e penalizza la professionalità degli antropologi italiani, trattati come minorati incapaci di gestire il loro sapere.

Anche se non siete antropologi, vi domando quindi di unirvi in questa piccola battaglia di civiltà, per fare in modo che l’ICDE sia diretto da un professionista del settore antropologico, e non da qualche esperto di altri settori. Vi chiedo quindi di unirvi all’appello e di sottoscrivere la causa su Facebook. Vi prego inoltre non di inoltrare questo messaggio, o non solo, ma di raccontare personalmente questa storia a una sola persona, convincendola a sottoscrivere, chiedendole poi di fare altrettanto. Vogliamo essere in tanti, più di quelli “direttamente coinvolti”, perché crediamo che oltre a questa piccola battaglia, sia in corso una guerra più generale per il senso della cultura in questo paese, e non vogliamo perderla.
Grazie dell’attenzione