Ho trovato nella borsa con cui viaggio l’articolo di Remo Bodei cui accennavo un paio di post fa.
Si tratta della recensione di Vergogna e necessità, di Bernard Williams, il Mulino, Bologna. È un libro che ricostruisce lo spessore della morale in epoca greca preclassica, sfidando la concezione che vorrebbe quell’epoca tutta protesa esternamente verso la vergogna, intesa come pura espressione sociale, e incapace di scavare nelle profondità dell’individuo. Williams, dice Bodei, riesce a farci vedere invece lo spessore dei personaggi omerici, per i quali il concetto di vergogna (esteriore) comprendeva almeno in parte anche quello di colpa (interiorizzata), che ovviamente verrà portato alle sue estreme conseguenze dal Cristianesimo.
Il tutto serve a Bodei per affermare quanto segue:
Ciò che più sta a cuore a Williams è far vedere come il concetto moderno di individuo agente in sintonia con le proprie libere scelte omette un dato di cui i greci erano ben consapevoli: che ciascuno di noi è esposto al caso e alla necessità, ai rovesci di fortuna e alla coercizione della natura o della volontà altrui… (Remo Bodei, Il Bene in balìa della fortuna, “Il Sole 24 Ore - Domenica”, 15 giugno 2008, n. 164, p. 39).
Per chi avesse voglia di approfondire, l’opposizione vergogna/colpa (introdotta da Ruth Benedict per spiegare in Il crisantemo e la spada la specificità culturale del Giappone durante la seconda guerra mondiale di fronte all’America giudaico-cristiana, che non lo capiva) ripresenta alcuni suoi tratti nella più tarda opposizione tra onore (gerarchico) e dignità (democratica) di cui parla Charles Taylor in Charles Taylor, Jürgen Habermas, Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli, Milano, 1999, di cui ho già detto qualcosa su questo blog. Si tratta, credo dell’ennesima versione della metafora “l’io è un contenitore che le diverse fasi della storia umana procedono a rendere più profondo”, metafora che varrebbe la pena di indagare proprio nella produzione della soggettività moderna.