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mercoledì 6 ottobre 2021

IL CORPO COME COSTRUZIONE BIO-SOCIO-CULTURALE (SENZA DIMENTICARE IL BIO) (Lezione 02 del 06/10/2021 del modulo A di Antropologia culturale)

 LEZIONE 02 del 6 ottobre 2021. 

Lo scopo di questa lezione è stato duplice:

1. dimostrare che la cultura non è un accidente o una conseguenza della nostra umanità, ma ne è invece l'ingrediente più vistoso, fin dentro la forma fisica.

2. Secondariamente, la lezione ha anche la funzione di farci riflettere sulle costrizioni che ciò comporta sull'identità, che non è una "libera scelta" ma la risultante di questo sistema di de-limitazioni e costruzioni del nostro essere tra "indole" e "ambiente", in una circolarità costante.

Un effetto immediato della coscienza di avere una coscienza è il dramma della riflessività, come racconta l'apologo del millepiedi e della formica: la consapevolezza della propria coscienza produce un nuovo campo del reale, che dobbiamo chiamare simbolico, un campo attraverso cui gli umani hanno imparato a connettere qualunque cosa con qualunque altra cosa.

Quindi, gli esseri umani non solo sono coscienti, non solo sono coscienti di esserlo, ma sono consapevoli di questa coscienza della coscienza, e ne parlano da sempre. Il mito di Prometeo e Epimeteo raccontato nel Protagora di Platone (che noi abbiamo letto nella sintesi che ne ha dato DAN SPERBER nel suo Il sapere degli antropologi) è proprio una riflessione su questa incompletezza costitutiva della nostra specie, che ha bisogno di risposte extrasomatiche per completarsi.

Ma questa costruzione della propria identità non è solo nel corpo come materia inerte, lo è anche nel corpo come sistema di funzioni e schemi di azione, come ci ha raccontato MARCEL MAUSS con "Le tecniche del corpo" e i suoi esempi.

Abbiamo proseguito accennando quanto questa costruzione del corpo da parte della cultura tocchi certamente anche le differenze di genere, ma ho chiarito che il tema è davvero troppo complesso per pensare di poterlo elaborare di passaggio.

Quanto questa costruzione "fisica" della cultura sia misurabile è chiaro da un articolo scientifico del 2000, in cui è stato misurato l'ippocampo di un gruppo di tassisti londinesi confrontato con l'ippocampo di un gruppo di persone che non guidano. Quello dei tassisti nella sua parte posteriore è mediamente più spesso in misura significativa dell'ippocampo dei non-tassisti, e questo dato è così letto dagli autori dell'articolo: "Sembra che ci sia una variazione plastica locale nella struttura del cervello umano adulto sano in risposta agli stimoli ambientali". Niente male come interazione tra corpo e ambiente, no?

Per esemplificare ulteriormente questa capacità del corpo di "fare sua" la conoscenza appresa, vale a dire la cultura, abbiamo letto un passaggio dal libro Pensare come un antropologo, di MATTHEW ENGELKE, in cui un malinteso sul senso della parola "cricket" diventa una rappresentazione plastica del riflesso del vomito.

Abbiamo aggiunto un aspetto interessante sempre in questa direzione: che cioè il senso del disgusto che abbiamo elaborato molto prima di diventare umani, per difenderci dal pericolo di ingerire qualcosa di intossicante o altrimenti pericoloso, è stato dirottato in senso morale (quel personaggio mi fa schifo, questa azione è veramente perversa e mi dà la nausea) ma è sollecitata dalla stessa zona cerebrale (la corteccia insulare, non me lo ricordavo a lezione, ma questo lo racconta ROBERT SAPOLSKY con la sua usuale maestria; nel video linkato spiega poi come questa connessione tra disgusto fisico e disapprovazione morale si ripercuota nel nostro giudizio del mondo, traendone inferenze errate come questa, che possono avere conseguenze politiche enormi: se una cosa mi ripugna, dev’essere moralmente sbagliata).

Questo fatto, che cioè il nostro sapere culturale si inscrive nel corpo mutandolo, è al centro dell'articolo di CLIFFORD GEERTZ che costituisce con EDELMAN la lettura di riferimento di queste prime due lezioni, vale a dire "L'impatto del concetto di cultura sul concetto di uomo", ma non abbiamo avuto il modo di parlarne veramente in questa lezione, e lo riprenderemo alla prossima.

Per concludere, ci siamo posti una domanda retorica: ma allora, se il sapere appreso (la cultura) agisce in profondità nella Psiche e nel Soma degli umani, che differenza c'è con il sapere innato, che invece prevale comunque negli animali? C'è davvero una differenza nella loro natura costitutiva, tra questi due tipi di sapere, oppure, visto che l'effetto è sempre quello di far interagire funzionalmente il corpo adattivamente con il suo ambiente, possiamo disinteressarci della genesi (naturale o culturale, rispettivamente) di questo sapere e trattare il tutto come un sistema adattivo?

Ecco, abbiamo concluso la lezione proprio tornando un poco sui nostri passi: se pure gli animali hanno cultura, se pure gli umani hanno istinti e riflessi condizionati, tra sapere acquisito prevalentemente per trasmissione genetica (come quello delle api, che sanno comunicare informazioni molto complesse con le compagne)  e sapere culturale (come quello di una banda di cacciatori di conigli) vi è una differenza enorme per quanto riguarda la flessibilità e fragilità: il sapere culturale è molto più flessibile (può adattarsi più rapidamente) del sapere trasmesso geneticamente, ma è anche molto più fragile nel suo mantenimento perché ha bisogno di costante manutenzione per essere trasmesso. Venerdì ripartiamo da qui.