2011/12: INFORMAZIONI PER CHI AVEVA 12 CFU E TUTTI GLI MP3 DELLE LEZIONI

venerdì 22 ottobre 2021

MERCANTI EBREI E DESCRIZIONI DENSE: L'ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA DI CLIFFORD GEERTZ (Lezione 07 del Modulo A, registrata il 18 ottobre 2021)

 


Il tema di questa lezione è l’INTERPRETAZIONE, ovvero quanto il dato etnografico sia in realtà costituito da un processo ermeneutico costante: sul campo, l’antropologa raccoglie letture stratificate e cerca di organizzarle in un quadro di senso.

[MINUTO 02:00] THIN DESCRIPTION e THICK DESCRIPTION. Uno dei concetti più elusivi della teoria della descrizione, possiamo riassumere dicendo che la thin è una descrizione INSENSATA, mentre la THICK è la descrizione che incorpora in sé il SENSO DELL’AZIONE DAL PUNTO DI VISTA DELL’ATTORE SOCIALE. [MINUTO 03:30] riprendo un po’ teatralizzata la storiella dell’OCCHIOLINO raccontata da Gylbert Ryle proprio per spiegare in cosa consista la differenza tra thin e thick.

[MINUTO 09:45] non è l’osservazione quel che conta per la vita umana, ma l’interpretazione del senso di quel che osserviamo. Se non abbiamo un quadro di senso, non osserviamo se non cose senza senso. L’antropologa sul campo si impegna cercare, nel reale che “osserva”, non tanto il suo senso, il punto di vista dell’osservatore ignorante, ma piuttosto il senso dell’attore sociale, il suo punto di vista.

[MINUTO 15:00] Un altro modo di raccontare questa differenza è con il racconto del MARZIANO che assiste a un BATTESIMO: La versione thin della storia, per quanto dettagliata, non ne coglie il senso, non ci dice quel che gli attori stanno facendo davvero (cioè quel che gli attori sociali immaginano di stare facendo).

[MINUTO 20:33] La cultura costituita dalle RETI DI SIGNIFICATO che gli umani hanno tessuto, secondo quando ci ha insegnato MAX WEBER (tramite Clifford Geertz)

[MINUTO 22:59] -EMIC vs -ETIC. La descrizione dal punto di vista dell’attore sociale (-emic) contrapposta alla descrizione condotta dal punto di vista dell’osservatore (-etic). La storia linguistica di questa opposizione, che ricalca in profondità quella tra thin (=etic) e thick (=emic). KENNETH PIKE (1953) ha contropposto phonetic a phonemic, per distinguere, rispettivamente, il livello delle differenze oggettive tra i suoni prodotti, e il livello delle differenze significative che quella lingua riconosce.

[MINUTO 31:30] Come non morire di noia quando si legge o si ascolta una storia. L’attenzione è garantita se riesci a infilarti in quella rete di significati. A questo punto, comincia la mia lettura effettiva della STORIA DI COHEN, che riprendo nella sintesi che ne ho dato nel mio La ninfa e lo scoglio.

L’antropologo che più ha insistito sulla dimensione interpretativa della cultura è stato CLIFFORD GEERTZ, e uno dei racconti più memorabili di questo lavorio culturale è stato quello del mercante ebreo Cohen nel Marocco agli albori del colonialismo francese, nel 1912.

Rovinato nell’onore da una banda di predoni berberi che gli hanno ucciso due clienti in casa, Cohen si rivolge ai militari francesi, arrivati da poco a presidiare la zona, per chiedere loro il permesso di riattivare il vecchio patto commerciale con lo sceicco della zona, che gli avrebbe garantito il suo diritto di farsi giustizia per questa patente violazione delle norme sociali della regione: non si interferisce con un mercante mentre ospita un cliente per una trattativa, e questa interferenza va ricompensata con un valore mercantile pari a quattro o cinque volte il danno subito, così che l’onore (’ar) del danneggiato sia reintegrato pubblicamente. I francesi non capiscono nulla di queste liturgie culturali locali, e scacciano Cohen con un secco “fai come ti pare!”. Il mercante ebreo interpreta pro domo sua questo disinteresse dei colonizzatori come un assenso implicito e parte a cercare giustizia sollevando dal torpore il suo sceicco (pensionato anzitempo dai francesi stessi, preoccupati di porsi come gli unici monopolisti della giustizia, in nome dell’incipiente modernizzazione che avrebbe trasceso le vecchie solidarietà tribali) e una banda di compaesani parimenti stralunati.

Cosa fa Cohen per chiedere giustizia in quel contesto culturale? Simula un furto di tutto il bestiame razziato fin lì dai predoni, e scappa. I predoni, quando si rendono conto che una banda di pazzi nottetempo si è presa la briga di immobilizzare il loro pastore e tagliare la corda con tutte le pecore, saltano sui cavalli e iniziano uno svogliato inseguimento, più che altro allibiti che qualcuno si sia preso un simile ardire, di andare cioè a rubare a casa dei ladri più feroci della zona. Quando però vedono a distanza la figura allampanata di Cohen che scappa con lo sceicco e le pecore, lo riconoscono e fanno: “Ah, è lui. Sediamoci e parliamo”.

La trattativa si conclude con Cohen che tutto felice è riuscito a spuntare ben cinquecento pecore come compenso e garanzia di vedere reintegrato il suo perduto onore di mercante in grado di proteggere i suoi clienti secondo i sacri dettami dell’ospitalità, ma quando torna in città, di nuovo i soldati francesi non capiscono nulla di quel che Cohen dice loro (che quel gregge in realtà è il suo ’ar, il suo onore restituito) e lo sbattono in prigione sequestrandogli le pecore, che loro credono siano la prova della sua connivenza coi predoni berberi, visto che lui ha insistito così tanto nell’ammettere che quel gregge gli è stato dato proprio dai predoni, ricercati di primo grado dai francesi.

Geertz ha scritto uno dei saggi più memorabili dell’antropologia culturale del novecento per spiegare questa storia, per spiegare cioè che ebrei, berberi e francesi in quel 1912 condividevano certo lo stesso mondo reale, ma lo interpretavano in modi non sempre sovrapponibili. Quel che un’ipotetica telecamera su un satellite spia avrebbe potuto registrare come un “furto notturno di bestiame nel deserto fuori Marmusha, in Marocco” è in realtà un’azione sociale completamente diversa.

Cohen compie un’azione simbolica, una dichiarazione politica: Ridatemi il mio onore, voi che mi avete disonorato! Sono costretto a simulare un’azione vergognosa, un abigeato notturno, per rammentarvi che avete fatto una cosa disonorevole, umiliandomi nella mia funzione di ospite dei miei clienti. Il “furto di pecore”, insomma, viene correttamente interpretato dai berberi, che condividono con Cohen un comune orizzonte morale legato al rispetto dell’onore e alla legittimità di riscattare la sua perdita. I predoni “vedono” nella farsa del furto delle pecore il senso che Cohen vi ha incorporato, lo comprendono e accettano di patteggiare la compensazione. Quando torna con il suo belante ’ar i francesi, di nuovo, non capiscono e si comportano come fanno sempre i dominatori, esercitando la forza lì dove loro manca il senso.

Tutto questo complesso simbolico di azioni (ammazzare clienti altrui, lamentarsi coi francesi, titillare l’orgoglio di un sceicco fuori gioco, rubare per burla, trattare sul serio, imprigionare perplessi) non è stato “osservato” dall’antropologo, dato che tutto quel che ha avuto Geertz sul campo, negli anni Sessanta, è stato il racconto di un vecchio mercante ebreo, che sornione e stanco ha raccontato allo straniero una storia incredibile che gli era capitata mezzo secolo prima, quando era solo un giovane sbruffone al limite dell’incoscienza.

Quel che voi avete ascoltato a lezione, dunque, è la mia interpretazione di quel che Geertz ha scritto in quel saggio, che condensa la sua interpretazione di quel che ha capito dal racconto tradotto da un mediatore di un vecchio mercante ebreo; racconto che era l’interpretazione, a cinquant’anni di distanza, di una serie di eventi che Cohen aveva vissuto e cercato di capire mentre li viveva. Ecco, questa è natura necessariamente interpretativa della ricerca antropologica.

[MINUTO 1:20:00] sintetizzo la seconda parte del saggio, anticipando una lettura più dettagliata in una lettura che caricherò come bonus track di questa lezione.