LEZIONE 03 del 08/10/2021
Il titolo di questa lezione avrebbe dovuto
originariamente essere "La cultura come immaginazione" ma le
cose da dire prima di arrivare lì erano troppe, per cui ho ripiegato su una espansione
della lezione precedente, dove dicevamo che la cultura è appresa,
chiedendoci ancora una volta un po' meglio: "CHE VUOL DIRE CHE È
APPRESA?"
Siamo ripartiti dalla fragilità
della trasmissione culturale, che non potendo farsi forza sulla codificazione
genetica deve affidarsi all'insegnamento e all'apprendimento,
ponendo il problema terribile della "trasmissione intergenerazionale".
Per questo siamo partiti da un video
che racconta la storia dell'uso della bicicletta in Olanda, e
abbiamo scoperto che gli olandesi non hanno le due ruote a pedali "nel
DNA" (ma guarda un po'!) e hanno invece appreso questo stile di mobilità in seguito alla
modernizzazione (automobili che aumentavano i morti in bici) e alla crisi
energetica dei primi anni settanta (che ha suscitato una nostalgia collettiva
per gli spazi urbani "prima dell'auto"). E' stata questa specifica
combinazione di mutamento tecnologico e mutamento culturale in
atto a produrre una vera "cultura della bici" in Olanda, ma la
conclusione che dobbiamo trarne è solo in parte confortante, dato che - come
vedremo nella quinta lezione - il fatto che non ci siano automatismi biologici
nella trasmissione culturale rende quella trasmissione non solo soggetta più
rapidamente a mutazioni (da cui la flessibilità) ma anche a
costante rischio di oblio (da cui la fragilità). Se gli olandesi
non sapranno resistere alla tendenza ad accettare veicoli elettrici nei
loro centri storici, è molto probabile che l'uso delle bici cali progressivamente.
Per continuare però a comprendere meglio
come la scoperta della "cultura animale" abbia mutato la
nostra idea di uomo, ci siamo soffermati (dal minuto 15:20 circa) sul saggio di CLIFFORD
GEERTZ "L'impatto del concetto di cultura sul concetto di uomo".
Il saggio combatte la concezione
"stratigrafica" dell'uomo
tipica dell'Illuminismo, con una base biologica che attiverebbe
un'inclinazione psicologica che si accorderebbe in strutture sociali,
cariche di elementi simbolici. A questa concezione stratigrafica
dobbiamo invece contrapporre una visione in cui natura e cultura sono
inestricabilmente intrecciate e si determinano l'una con l'altra.
Per comprendere questo passaggio, sempre
leggendo Geertz, abbiamo lavorato a lungo sulla lateralizzazione
emisferica e su come la nostra manualità
animale abbia progressivamente ceduto il passo all'apprendimento e alla trasmissione
culturale (il racconto – dal minuto 45:45 al minuto
56:30 – della produzione di pietre lavorate, che gli ominidi
sapevano fare probabilmente in modo naturale (sapere innato) e che con
la lateralizzazione emisferica poco alla volta è diventata una capacità
appresa culturalmente).
Il punto forte del saggio di Geertz è che IMPARARE per gli
umani è INDISPENSABILE (dal
minuto 1:02:09).
Con una successione di digressioni,
abbiamo comunque completato la lettura di Geertz – L’impatto al minuto 1:08:10 e abbiamo
quindi ripreso il tema generale di come avvenga questa
trasmissione/apprendimento, discutendo delle due opposizioni principali, vale a
dire FORMALE/INFORMALE e LINGUISTICO/CORPOREO.
A questo punto, proprio per ragionare sulle
forme del sapere informale, dal minuto 1:14:30 abbiamo riassunto alcuni punti
dell’analisi che PIERRE BOURDIEU ha dedicato al concetto di DISTINZIONE (La
distinzione. Critica sociale del gusto 1979) per ragionare assieme come i
nostri gusti siano molto determinati da nostro capitale economico e dal
nostro capitale culturale. (Nella cartella studenti, potete trovare una sintesi di
quel modello di Bourdieu che ho scritto molti anni fa).
Abbiamo quindi finito con un piccolo test su MentiMeterer per comprendere come questi gusti siano condivisi proprio dalle persone che appartengono alla nostra stessa "porzione di classe", che cioè si collocano nella stessa zona del campo sociale dove ci collochiamo noi per distinguerci dagli altri attraverso il "mi piace" e il "mi fa schifo".