LEZIONE 04 registrata 11/10/2021
Ho ricordato quali siano le letture per la terza e quarta lezione: l’estratto su L’orologio di mio nonno, due capitoli di Harari, Da uomini a dei, e qualche pagina dal Trattato di Semiotica generale di Umberto Eco.
Riprendendo con quanto avevamo chiuso la
lezione scorsa: la cultura è appresa in modo formale/informale,
linguistico/corporeo e può essere giudicata internamente alta/bassa. Con l’esempio
dello scoiattolo [MINUTO 07:15]
abbiamo cercato di esemplificare di nuovo la specificità del modello di
apprendimento culturale rispetto ai modelli di azione incorporati nel DNA.
[Minuto
09:00] abbiamo specificato ancora qualcosa su cultura alta/bassa
Abbiamo quindi affrontato in apertura la
questione della cultura come sapere INCONSCIO,
con l'esempio fonologico [DAL
MINUTO 12:50] della differenza di pronuncia della "N" in
parole come anfora, anello, e ancora, raccontando l’apologo dei “due archeologi”.
Brevemente, questo esempio ci ha portato a ragionare ancora di passaggio sulla
questione della "libertà" nella nostra "identità", e
abbiamo ribadito che la cultura può essere un forte strumento di
condizionamento.
Il nostro obiettivo deve quindi essere
quello di cogliere questa invisibilità del sapere culturale e la sua tendenza a
naturalizzarsi, a non farsi notare ed anzi apparire come un set di
comportamenti ovvi e del tutto banali. Da un certo punto di vista, potremmo
dire che il lavoro dell'antropologo deve essere duplice: da un lato la DE-ESOTIZZAZIONE dello
strano, ricostruendone il senso locale; e dall'altro la DE-BANALIZZAZIONE dell'ovvio,
portandone alla luce la natura costruita socialmente.
Per insistere su questa dimensione
invisibile della cultura abbiamo sentito l'inizio del discorso (MINUTO 34:00) che David
Foster Wallace tenne nel 2005 per salutare alcuni studenti laureati: "Questa è l'acqua".
Se il pesce anziano sapeva cosa sia l'acqua,
come faceva a saperlo? E' ragionevole pensare che, in qualche modo, si
era trovato FUORI
dall'acqua e ha potuto dare una COMPARAZIONE.
Ecco, questo è il lavoro dell'antropologo, trovare qualche modo per trovarsi
fuori dall'acqua.
Se il sapere culturale può essere in larga
parte inconsapevole, come si fa a indagare? Abbiamo iniziato a
rispondere a questa domanda guardando (MINUTO 50:00) il video "Ochobo" in cui una catena di
hamburger giapponesi doveva capire come vendere più hamburger alla propria clientela
femminile, trattenuta da motivazioni legate al decoro personale.
L'esempio di un giudizio estetico per certi versi antitetico
a quello cui siamo abituati "in Occidente" ci ha consentito di
entrare più a fondo nella dimensione "semiotica" della cultura,
cioè di comprendere che la cultura è prima di tutto un sistema interrelato
di concetti e giudizi che condividiamo con gli altri e che ci consente proprio di dare per
scontato l'orizzonte "dell'acqua" in cui normalmente ci muoviamo.
Questo è stato il modo migliore per
introdurre una famosissima Ted Talk [MINUTO 1:01:00] di YUVAL N. HARARI, storico israeliano,
che parlando di IMMAGINAZIONE ci ha portato dentro il concetto antropologico di
cultura. Come sintesi di questo intervento (i cui contenuti ricalcano molto i
due capitoli del suo libro assegnati in lettura), propongo questa scheda che ha
fatto una mia studentessa di un corso dell’anno precedente, Rosaria Riso, che
ringrazio molto per il lavoro:
Why humans run
the world?
TED
Talks di Yuval Noah Harari, storico, saggista e professore universitario
israeliano,
Famoso per aver scritto “Sapiens. Da animali a dèi”
Perché
gli esseri umani controllano il mondo?
Il motivo non è quello che potremmo aspettarci,
Yuval Noah Harari, in modo tutt’altro che scontato, spiega l'ascesa degli
esseri umani e il motivo per il quale hanno dominato la Terra.
In un breve e denso intervento, le sue
argomentazioni lo porteranno a sottolineare la specificità umana all’interno dell’universo. Riassumendo, egli sostiene
che:
In
Africa, settantamila anni fa, i nostri antenati erano creature che si facevano
gli affari propri assieme a tutti gli altri animali. L’impatto dell’uomo sul mondo era insignificante,
inferiore a quello di atri esseri viventi. Oggi, tuttavia, è praticamente
innegabile che gli esseri umani dominino il mondo. Ci
siamo diffusi in ogni continente e le nostre azioni determinano il destino
degli altri animali e della stessa Terra governandola. Come
ci siamo riusciti?
Spesso
cerchiamo la differenza tra noi e gli altri animali a livello individuale. Vogliamo credere che ci
sia qualcosa di speciale nel corpo umano o nel cervello umano che rende ogni
individuo umano di gran lunga superiore a un cane o ad uno scimpanzé. In
realtà, individualmente, non siamo tanto diversi da uno scimpanzé. Sicuramente, da
soli su un'isola solitaria, tra i due, sopravviverebbe lo scimpanzé.
La
vera differenza tra noi e gli altri animali è a livello collettivo. Gli esseri umani controllano
il mondo perché sono gli unici esseri capaci di collaborare e cooperare in modo
flessibile e in grandi masse. Anche
le formiche e le api possono lavorare insieme in gran numero, ma lo fanno in
modo molto rigido. Se un alveare sta
affrontando una nuova minaccia, le api per far fronte all’emergenza non possono
reinventare il loro sistema sociale dall'oggi al domani. I
lupi e gli scimpanzé
cooperano in modo molto più flessibile delle api, ma possono farlo solo in
piccoli numeri, la cooperazione si basa, imprescindibilmente, sulla conoscenza
personale.
Solo
l’Homo sapiens anche senza che ci si
conosca, può cooperare in modo
flessibile e con un numero infinito di estranei. La cooperazione però non porta
sempre a risultati apprezzabili. Tutte le cose terribili
che gli esseri umani hanno fatto nel corso della storia sono anche il prodotto
della cooperazione. Anche i campi di
concentramento sono sistemi di cooperazione di massa.
Ma
come mai gli umani, soli tra tutti gli animali, sono in grado di cooperare in
modo flessibile in gran numero? A questo punto Yuval Harari, propone una
sorprendente spiegazione:
La
risposta è la nostra immaginazione. Possiamo
collaborare con numerosi sconosciuti perché
possiamo inventare storie di fantasia, diffonderle e convincere milioni di
estranei a crederci. Solo noi tra gli animali del pianeta, siamo in grado di
creare e di credere in finzioni e storie immaginarie. Finché tutti
credono nelle stesse finzioni, obbediscono tutti alle stesse leggi, regole e valori,
possono cooperare efficacemente. Questo è il motivo per cui governiamo il mondo.
Non puoi mai convincere uno scimpanzé a darti una
banana promettendo che dopo la sua morte andrà nel paradiso degli scimpanzé e
lì riceverà innumerevoli banane per le sue buone azioni. Nessuno
scimpanzé
crederà mai a
una storia del genere. Solo gli umani credono a
queste storie e a differenza degli animali usano il loro linguaggio, non solo
per descrivere la realtà, ma anche
per creare nuove realtà.
Realtà immaginarie, come il paradiso e le
divinità in ambito religioso. Costruiscono
cattedrali o vanno in crociata insieme perché credono alle stesse storie su Dio.
Ma
lo stesso vale per tutti gli altri tipi di cooperazione umana. Prendiamo
ad esempio i nostri sistemi legali,
oggi, la maggior parte dei sistemi legali si basa sulla fede nei diritti umani,
ma i diritti umani non sono una realtà oggettiva, sono una finzione, proprio
come Dio e il paradiso. In realtà,
gli esseri umani non hanno diritti, l'unico posto in cui esistono i diritti
umani è nelle storie che ci inventiamo, ci raccontiamo e abbiamo diffuso nei
secoli.
Lo
stesso meccanismo è all'opera in politica. Come
gli dei e i diritti umani, le nazioni sono finzioni. Non sono realtà empiriche
come le montagne che puoi vedere e toccare. Gli
Stati sono solo storie che gli umani hanno inventato e alle quali si sono poi
affezionati.
Lo
stesso vale per le reti economiche. Un
biglietto da un dollaro, non ha valore in sé. Non
puoi mangiarlo. Ma ci viene detto che questo
pezzo di carta verde, vale cinque banane. Finché
milioni di persone crederanno a questa storia, quel pezzo di carta verde varrà
davvero cinque banane. Uno scimpanzé non crederà
mai a questa storia. Il denaro è probabilmente la narrazione di maggior
successo mai inventata dagli esseri umani. Non
tutti credono in Dio, o nei diritti umani, ma tutti credono nel denaro.
Harari, da storico, non parla mai di cultura, ma di immaginazione, l’antropologo, nelle sue parole, vede delinearsi la specificità degli esseri umani che non
sono isole, come la modernità ci racconta, ma si costituiscono come esseri
compiuti attraverso la cultura e le relazioni.
-
Relazioni di cui gli esseri umani non possono fare a meno
e che, come ben sottolinea Harari, solo gli umani sanno intrattenere in modo
flessibile ed efficace, il potenziale umano non è nell’individuo, ma
nell’interazione sociale. A sostegno del suo pensiero già Weber aveva
evidenziato come l’individualità non è una realtà ontologica ma è l'agire
sociale ad essere dotato di senso e Wittgenstein nelle Ricerche Filosofiche,
dichiarava che il significato del linguaggio è pubblico, consiste nell’uso che
se ne fa all’interno di un contesto socialmente condiviso.
-
Cultura che non è un di più, ma è l’essenza della nostra
natura di esseri umani, il cui sapere è:
Appreso, non innato come lo è per
lo scimpanzé;
E’ un sapere socialmente condiviso, solo quando tutti ci credono si può
collaborare;
Ed ha una natura simbolica, non è reale, come lo è una roccia, è
un sapere che genera entità che esistono solo nella nostra
immaginazione, un livello ulteriore,
quello dell’immaginazione che come dice Harari - forse azzardando la dicotomia
tra i due livelli - si impone su una
realtà oggettiva.
Egli, infatti, conclude sostenendo che mentre
tutti gli altri animali vivono in un mondo
oggettivo di fiumi, alberi e leoni, noi umani viviamo in un mondo duale. Sopra la realtà
oggettiva, abbiamo costruito un secondo strato di realtà immaginaria
comprendente entità fittizie come Dio,
il dollaro, le multinazionali, l'Unione Europea e i diritti umani, che, con il
passare del temo, sono diventati sempre più potenti, tanto che la stessa sopravvivenza di alberi, animali e
fiumi, dipende dalle decisioni e dalla volontà delle “strutture” fittizie.
Entità che esistono solo nella nostra
immaginazione, ma che, come direbbe l’antropologo, oltre ad imparare ed
acquisire, naturalizziamo, li
percepiamo come se fossero realtà oggettive motivo per cui sono potenti.
Probabilmente tra questi due livelli, la realtà
oggettiva su cui gli umani stendono un velo simbolico e il livello ulteriore che
è quello dell’immaginazione, c’è un’interazione
che potremmo dedurre dal fatto che gli esseri umani, animali sovraccarichi di
dispositivo simbolico, non riescono a fare a meno di questo livello che non
sarebbe un di più, ma lo sforzo umano di uscire dalle determinazioni del
pensiero veloce del senso comune. Il simbolismo è una necessità evolutiva che da sempre si è manifestata in modo creativo
e in varie espressioni quali il mito, le religioni, la politica, l’economia, la
scienza, fino ad arrivare a forme alte come la musica e l’arte.
A prescindere dalle sfumature interpretative,
resta apprezzabile e originale la lettura che Harari ci offre della realtà.
Egli a partire dalla capacità immaginativa degli esseri umani, legge allo
stesso modo le molteplici realtà religiose, politiche, economiche che la
modernità ci induce a distinguere nettamente. E invita a riflettere sulla capacità immaginativa degli uomini che precede ogni
realtà
storicamente e culturalmente strutturata.
La prossima lezione ripartiremo proprio dalla cultura come sistema condiviso di SEGNI, per capire un po' più in profondità questa nozione di Cultura, idea elusivo ma indispensabile per capire il nostro agire nel mondo (confrontandolo con l'agire di altri umani e altri animali).