L’anulare è il dito di cui più facilmente scorgiamo la faccia simbolica. Come tutti sappiamo, gli antichi credevano che una vena giungesse lì direttamente dal cuore, per cui è divenuto il dito che riceve l’anello, il legame dell’amore. Quando parliamo di anulare, allora, dobbiamo parlare dei legami, vale a dire delle relazioni tra gli esseri umani.
Non esiste probabilmente una parola che meglio di “legame” incarni quel che sto cercando di dire in questi giorni, cioè l’intima ambiguità morale delle parole. Legame è assieme la scelta e la condanna, il massimo della libertà e il massimo della costrizione.
L’anello che poniamo al dito è perfettamente rotondo, e in questa sua forma (ovviamente funzionale) incarna anche l’annullamento del tempo (che non dovrebbe consumare l’intensità del sentimento) e la simmetria che si vuole regga il rapporto: le due persone legate dall’anello sono parimenti impegnate, parimenti coinvolte. In realtà, sappiamo che l’anulare, con il suo prezioso fardello, serve proprio a illuderci di questa simmetria, che in fondo sentiamo sfuggirci sistematicamente. I legami tra gli uomini sono quasi sempre asimmetrici, non solo per lo scarto di potere che li caratterizza, ma anche, ed è quello che mi interessa, per l’intensità relativa che vi proiettiamo.
Pensate al classico caso della persona che vi tormenta, che vi chiama a casa nei momenti più importuni, perché lui vi considera il suo migliore amico, mentre voi lo ritenete uno scocciatore del quale non riuscite a liberarvi: non c’è nulla di simmetrico in quel rapporto, e l’anello simbolico che lui porta amorevolmente al dito per segnalare il suo legame nel caso vostro si trasforma in una palla al piede.
Il fatto è che non possiamo stare nel cuore delle persone, come non stiamo nelle loro teste, e dobbiamo limitarci a immaginare e sperare che la rilevanza che alcuni hanno per noi sia effettivamente ricambiata. Anche da qui, da questa intrinseca fragilità del legame affettivo, deriva il recente successo del social networking: con twitter, myspace o facebook possiamo letteralmente collezionare “amici” e fingere che la qualità del rapporto dipenda esclusivamente da noi, e non anche dal tempo, dal caso, dalle contingenze.
Mentre le dita che abbiamo visto finora devono la loro ambivalenza alla posizione che occupano nello spazio (il pollice su o giù, l’indice puntato verso le cose o contro le persone, il medio sollevato o disteso), l’anulare non ha posizioni da occupare, ed è il tempo a dargli una direzione etica. Ci sono persone che dopo poco sono colpite da allergie, eritemi, gonfiori, sentono l’anello al dito come il primo segno della schiavitù, e non resistono dal liberarsene, mentre altre trovano in quel legame un conforto profondo, e carezzano l’anello mentre parlano, quasi volessero carezzare la persona che gliel’ha posto al dito. In alcuni casi, quando restano sole per la morte del partner, queste persone ne indossano l’anello, e i due cerchi, che sono stati paradossalmente separati tutta la vita, sono ora avvicinati dalla morte, quasi a ribadire di fronte a tutti l’indissolubilità di quel legame. Per sempre.
Sui legami che gli uomini creano e sul loro significato sociale non posso che rinviare alla lettura di un classico della mia disciplina, vale a dire Le strutture elementari della parentela, pubblicato dal Saggiatore, testo fondamentale di Claude Lévi-Strauss, che proprio domani compirà cent’anni e al quale rivolgo un affettuoso augurio. Che estendo a tutti voi, sperando di incontrarvi nuovamente domani.
Ho insegnato a Venezia, Lubiana, Roma, Napoli, Firenze, Cosenza e Teramo. Sono stato research assistant alla Queen's University of Belfast e prima ho vissuto per due anni in Grecia, per il mio dottorato. Ora insegno a Tor Vergata e nel campus romano del Trinity College di Hartford (CT). Penso che le scienze sociali servano a darci una mano, gli uni con gli altri, ad affrontare questa cosa complicata, tanto meravigliosa quanto terribile, che chiamano vita.