La notizia riportata da alcuni giornali stamattima, che il presidente Berlusconi, timoroso di perdere consensi, avrebbe dato l'alt al piano programmatico della ministra Gelmini per l'Università mi fa temere che dalla confusione di questi giorni ne trarranno vantaggi solo le corporazioni degli universitari più conservatori, che godono di molteplici privilegi e che non vogliono mollare un punto, anche a costo di continuare a tenere l'università italiana in stato comatoso. Se effettivamente alla ministra verrà impedito di spiegare COME intende realizzare le famose "economie di spesa" annunciate nella finanziaria 2009 (cioè nella legge 133 del 6 agosto 2008), allora potremo dire che ha vinto la restaurazione, e che per l'università non si tratta certo di una vittoria. Gli studenti continueranno a subire un sistema pessimamente organizzato, dove i soldi vengono ripartiti in massima parte su base clientelare e gerontocratica.
Io credo che sia ora di distinguere non solo il contenuto, ma anche il giudizio delle due leggi che impropriamente vanno sotto il nome di "riforma Gelmini". In questo post esprimo il mio parere sul 137, mente nel prossimo parlo del 133.
La legge 137 (approvata la settimana scorsa), quella che riguarda la scuola elementare, è fatta di otto articoli di cui molti sono fuffa per i nostalgici (educazione civica, voto in condotta, voti in numeri invece dei giudizi, non c'è traccia del grembiule) e l'articolo 4 è l'unico degno di nota, dato che scardina con una frasetta il tempo pieno, un'opzione di cui finora hanno potuto beneficiare molti bambini e le loro famiglie. Ecco la frase:
...le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali.
Al di là di quel che poi ha preteso di dire la ministra Gelmini, il 137 dice chiaro e tondo che la "scuola normale" in Italia è diventata (anzi: è tornata ad essere, perché questa legge è la pura legalizzazione della nostalgia più becera) la scuola che inizia alle 8.30, finisce alle 12.30 e va da lunedì a sabato incluso. E' la scuola che HA FATTO LA GELMINI quando era piccina, la scuola che lei sicuramente tanto ha apprezzato, e della quale sente tanto la mancanza. Quella, dice chiaro e tondo l'articolo 4, è la scuola italiana per l'istruzione elementare. Cazzate la didattica al pomeriggio, cazzate gli insegnanti specializzati in matematica o italiano, cazzate l'inglese e il resto. Io sono diventata ministro facendo la scuola con la maestrina dalla penna rossa, da lunedì a sabato, e tornavo a casa a mangiare la pastasciutta. Lo potete fare anche voi.
Certo, poi l'articolo prosegue:
Nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo-scuola.
Questa concessione è di fatto la morte del tempo pieno. Le esigenze, come vedete, non sono quelle di un'istruzione completa in una fase di enormi mutamenti culturali e sociali. No, le esigenze che consentirebbero una "più ampia articolazione del tempo-scuola" sono solo quelle legate alla "domanda delle famiglie". Non sono io, istituzione dello Stato, a credere che i miei cittadini abbiano bisogno di un'istruzione oggi più articolata. No, sono le famiglie che avrebbero bisogno di qualche ora in più di libertà dai marmocchi. E allora volete che ci tiriamo indietro e non gli comsentiamo il "dopo scuola"? Ma sì, avrà pensato la ministra Gelmini, anch'io mi ricordo che c'era qualche sfigato che aveva i genitori che lavoravano entrambi e dopo pranzo rimaneva a scuola a fare i compiti o giocare a palla avvelenata.
Il problema, ovviamente, è il denaro: chi paga il dopo scuola (scusate: la "più ampia articolazione del tempo-scuola")? Il comma due dell'articolo non è chiaro sulle modalità (straordinari per i maestri "unici" o assunzioni di badanti per minori?) ma dice chiaro dove vanno presi i soldi:
Con apposita sequenza contrattuale e a valere sulle risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' definito il trattamento economico dovuto per le ore di insegnamento aggiuntive rispetto all'orario d'obbligo di insegnamento stabilito dalle vigenti disposizioni contrattuali.
I soldi vanno presi da quelli che la finanziaria 2009 (legge 133 del 6 agosto 2008) avrà risparmiato. Dice infatti quel comma 9:
Una quota parte delle economie di spesa di cui al comma 6 e' destinata, nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola a decorrere dall'anno 2010, con riferimento ai risparmi conseguiti per ciascun anno scolastico.
In pratica, il 30 per cento di quel che viene risparmiato va posto in un fondo che serve a pagare gli incentivi degli insegnanti, compreso il pagamento del dopo scuola.
Come fa la ministra, a questo punto, a dire che "il tempo pieno non si tocca"? Se non si intende il tempo pieno come puro parcheggio dopo scuola, ma come progetto didattico, il tempo pieno da questa legge viene spazzato via, cancellato, azzerato. Io ho una figlia di sette anni, che fa la seconda elementare, e sono molto felice della DIDATTICA del tempo pieno, non del fatto che mia figlia viene parcheggiata a scuola fino alle 16.20! Io ho avuto una "maestra unica" che era una vera capra con la matematica almeno quanto era brava con l'italiano, e ho risentito di questa carenza per tutta la mia vita. Mia figlia Rebecca fa la matematica con un metodo fantastico, e lo può fare perché la sua maestra Angela è specializzata nella didattica della matematica, mentre Anna, l'altra maestra, è bravissima con l'italiano. Se non facesse il tempo pieno (ancora, inteso come progetto DIDATTICO, non come ore che i bambini stanno fuori dalle balle per i genitori) Rebecca non potrebbe imparare la matematica altrettanto bene dell'italiano, e il "maestro unico" o "prevalente" distruggerà questo progetto didattico. Ci vuole tanto a capirlo? Io riconosco che nella scuola elementare (come in qualunque istituzione pubblica) si sono accumulate sacche di privilegio e spreco, ma non si risolvono azzerando un progetto didattico che funziona.
Questo, per me, ormai è un punto fermo: credo che la ministra Gelmini abbia fatto un'enorme sciocchezza, lusingata dal consenso che evidentemente la circonda. Ma la sua mossa è puro populismo, l'equivalente del "torniamo alla lira" o "riprendiamo Lippi in nazionale". Non sortirà alcun effetto benefico per la scuola né per il paese, se per scuola si intende l'istituzione che forma i cittadini, e non solo una spesa fastidiosa per le casse dello stato.
Sulla cosiddetta "riforma dell'università" ho invece le idee molto diverse. Molto. Vedi il prossimo post.